venerdì 7 marzo 2014

La democrazia spiegata ai grillini (ovvero: l'importanza dell'élite neutronica)

Una società è democratica nella misura in cui è giusta, non giusta nella misura in cui è democratica.

L'amico Sam ha commentato un video su youtube: "fiorenzo ma che problemi hai con la democrazia?". Credo che Sam sia un grillino, o almeno un simpatizzante del m5s, e penso che sia risentito perché, nel video, io e l'amico Claudio abbiamo sostenuto che la diretta streaming dell'incontro tra la delegazione di Renzi e guella del m5s (che ne aveva fatto richiesta) fosse pura propaganda, e non avesse nulla a che vedere né con la trasparenza né con la democrazia. Non ho risposto a Sam sulla chat di youtube perché mi ripromettevo di farlo, argomentando con maggior profondità, in un articolo.

Si è affermata, negli ultimi decenni, un'idea di democrazia che è, nello stesso tempo, nuova e nostalgica. L'assunto di base è che la democrazia sia partecipazione, come recitava un verso di una popolare canzone di Giorgio Gaber di tanti anni fa. Da qui tutto un fiorire di suggestioni: la democrazia partecipata, la democrazia diretta, la rete come strumento di partecipazione. Il fine ultimo: la creazione di una società di liberi e uguali attraverso gli strumenti formali della democrazia partecipata e/o diretta. 

Credo che le parole di Giorgio Gaber siano state oggetto di un singolare rovesciamento dei termini del problema, che oggi viene posto nel seguente modo: poiché questa non è una società di liberi e uguali, cioè non vi è uguaglianza sostanziale, allora dotiamoci di strumenti democratici che siano in grado di promuovela. Questo è un ossimoro.

Io penso che la democrazia, la vera democrazia, sia possibile solo quando esiste già una società di "eguali e liberi", e che la partecipazione di tutti gli "eguali e liberi" sia necessaria per conservarla, ma illudersi di promuoverla attraverso l'adozione di strumenti formali sia prova di ingenuità da parte di chi crede a questa possibilità, e un atto dubbio da parte di chi la prospetta. Io penso, caro Sam, che quando non c'è una società di liberi e uguali, il vero, effettivo, sostanziale, unico possibile accidentato percorso che può (forse) condurre alla sua conquista, sia la lotta di classe. La quale può svilupparsi in forme diverse che, talvolta, sono state quelle che ha assunto nel mondo occidentale (sia nell'antichità che in tempi recenti a partire dalla rivoluzione francese) che noi chiamiamo "democrazia"; ma si tratta, per l'appunto, di un "percorso", non di un risultato acquisito e duraturo. 

La lotta di classe è la politica. La lotta di classe esiste in quanto non esiste (e chissà mai se esisterà) un mondo di liberi e uguali. Ma la lotta di classe, in quanto conflitto tra interessi diversi e contrapposti, esige che questi si organizzino, come pure che ciò avvenga attraverso l'adozione di forme di confronto/scontro che non siano distruttive per la società nel suo insieme. Tali forme, nella storia dell'umanità, sono state le più diverse, e solo in alcuni casi, in esse, è stato importante lo strumento del voto, inteso come momento di conta delle opinioni di tutti i cittadini. E' pur vero che i rappresentanti delle organizzazioni che difendevano gli interessi popolari hanno spesso considerato il suffragio universale come un metodo ad essi favorevole, ma sostenere che esso sia sempre lo strumento più valido per assicurare la loro difesa è già un'imprecisione. Se a ciò si aggiunge l'idea che il suffragio universale possa, se correttamente e onestamente implementato, rimuovere la necessità che gli interessi popolari si dotino di organizzazioni politiche, che è per l'appunto il sogno dei "democratici diretti", allora scadiamo nell'infantilismo. Ci si illude, cioè, di adottare come metodo quello che è, in realtà, l'obiettivo finale.

Ne abbiamo prova quando constatiamo che le classi dominanti non hanno mai, e sottolineo mai, rinunciato ad organizzarsi e a coordinarsi, con l'obiettivo di distorcere, fuorviare, ingannare, turlupinare le classi popolari, spesso promuovendo e sostenendo organizzazioni che fittiziamente si presentavano come loro paladine. E dunque, se il "nemico" non rinuncia ad organizzarsi, e al giorno d'oggi ne abbiamo prove inconfutabili, perché mai le classi dominate dovrebbero rinunciare a ciò e adottare lo slogan "uno-vale-uno"? Come possiamo farci sedurre da uno slogan così bambinesco? 

Noi abbiamo un dovere, che è quello di essere concreti e realisti, e non dei bimbi-minchia sognatori. Noi dobbiamo sapere che l'uguaglianza perfetta tra tutti gli uomini e le donne è impossibile, per la semplice ragione che il conflitto è una realtà immanente. Cioè che siamo stati scacciati dal paradiso terrestre, e lo fummo per effetto e conseguenza della nostra comune natura. Il racconto biblico, per altro simile ai miti di altre civilizzazioni, racchiude un potente simbolismo. Esso ci dice che l'uomo (non solo la donna, della quale è comunque figlio - perdonate la battuta) non si accontenta, vuole di più. Sempre e comunque, anche quando ha a disposizione tutte le gioie del paradiso terrestre. Se ognuno di noi "vuole di più", allora il conflitto è la condizione dell'uomo. I preti queste cose le sanno, ma tanti cosiddetti rivoluzionari no, e preferiscono sognare. Ecco, allora, il mito del buon selvaggio, che nasce buono ma viene corrotto dalla società. E se fosse l'esatto contrario, cioè che la società è sempre, continuamente corrotta dai nuovi nati? Io sono in totale disaccordo con Rousseau: per me il bambino, quando nasce, è un perfetto criminale, e solo alcuni di essi, con grande fatica e attraverso dure prove, riescono a diventare solo dei delinquenti comuni, cioè uomini cosiddetti "saggi". 

Se accettiamo il presupposto che il conflitto è immanente, dunque che non esistono i "buoni poveri" e i "cattivi ricchi", la prospettiva cambia radicalmente. Tanto per cominciare, se il conflitto è immanente, è ineliminabile e non avrà mai fine. In secondo luogo ognuno di noi, che è un attore di tale conflitto, si troverà a combatterlo da una parte o dall'altra a seconda delle condizioni della sua esistenza materiale... ma anche spirituale. Già, perché c'è l'eccezione di quella sparuta minoranza di bambini che, nati criminali, attraverso immani sforzi sono riusciti a diventare adulti, cioè "solo" delinquenti comuni: i saggi, coloro che agiscono in base a un'ideale, non esclusivamente per il proprio tornaconto personale. Insomma, la "coscienza infelice della borghesia". 

In tutti i tempi sono state le élites le protagoniste dell'azione politica. Anche in natura ciò avviene più spesso di quanto possiate immaginare. Vi farò un esempio parlandovi di centrali nucleari a fissione. Nella fissione dell'Uranio 235, quando cioè un nucleo di U235 viene colpito da un neutrone e si spezza, vengono prodotti, in media per ogni fissione, circa 2,5 nuovi neutroni. Questi, tuttavia, non vengono rilasciati tutti nello stesso istante. Vi è una piccola frazione di neutroni, detti "ritardati" (in opposizione a quelli emessi quasi immediatamente, il 99%, dopo circa un decimilionesimo di miliardesimo di secondo) che sono rilasciati con un ritardo temporale maggiore, nell'ordine dei secondi. Un'esigua minoranza, come vedete! Ebbene, è proprio grazie all'esistenza di questi "neutroni ritardati" che l'uomo riesce a controllare la reazione da fissione nucleare! E' questa "élite neutronica" che fa sì che il "sistema" sia controllabile.

Vi è piaciuto l'esempio? Potrei farne altri ma soprassediamo. Conta che abbiate capito quello che voglio dire.

Ora, così come la fissione nucleare per usi civili è possibile solo attraverso un complesso sistema che permette all'élite neutronica di mantenere sotto controllo la gran massa dei neutroni "impazienti", allo stesso modo, in politica, l'azione delle élites, di tutte le classi sociali, è fondamentale. Affinché queste possano confrontarsi ed esprimere la loro azione di controllo, è necessario innanzi tutto un quadro istituzionale, cioè un sistema di regole entro il quale gli interessi contrapposti abbiano modo di confrontarsi politicamente. In tale quadro gli attori principali del gioco sono le organizzazioni politiche, create e animate dalle élites, delle classi sociali in lotta. Certo, il ruolo dei "neutroni impazienti" è determinante, in quanto la posta in gioco è la conquista del consenso, ma la vera partita si gioca nel confronto tra le élites, organizzate in formazioni politiche. 

Il M5S è una di queste organizzazioni politiche, esso è uno degli attori principali. Alla luce di quanto detto, a mio avviso, non c'è nulla di scandaloso nel fatto che esso sia guidato in modo estremamente centralizzato. Il problema non è la domanda se esso sia un movimento democratico oppure "leninista", poiché un vero partito o è "leninista" oppure non è un partito, al più un movimento di opinione. Né è un problema il fatto che esso si sforzi di dare di sé, per ragioni di propaganda, un'idea che è, evidentemente, falsa, ovvero di avere un'organizzazione interna democratica. Il vero problema è costituito da ciò che veramente intende fare il M5S, quali siano i suoi effettivi ultimi fini. Non dobbiamo mai dimenticare che in democrazia sono le Istituzioni che devono essere democratiche, non i partiti!

Nella lotta di classe, cioè nell'accidentato percorso che (forse) ci condurrà ad una società di liberi e uguali, quali sono gli interessi sociali ed economici che il M5S realmente rappresenta? Questo, per tornare all'amico Sam, è il problema che io ho con la "democrazia" del M5S, dal momento che, sebbene sia stato un attivista della prima ora, a distanza di anni non ho ancora capito cosa realmente vogliano Grillo e Casaleggio. Un mondo meno inquinato? Un mondo dove trionfi la giustizia? Un mondo nel quale governano gli "onesti"? E chi mai potrebbe sostenere di non volere tutte queste cose, e altro ancora? Ma queste posizioni, da sole, non bastano! 
Ci piacerebbe sapere, ad esempio, quale sia la posizione del M5S sul tema dell'indipendenza della Banca Centrale; quale sia, per il M5S, un target di inflazione desiderabile, se il 2% come scritto nei trattati europei oppure un valore più alto, e in che misura; sarebbe auspicabile conoscere, per certa, la posizione del M5S sia sull'euro che, più in generale, sull'adesione ai trattati internazionali che ci vincolano all'Unione Europea. E altro ancora.

Ma c'è di più. Perché se è vero che un partito è leninista oppure non è un partito, è altresì importante avere piena contezza della composizione e delle origini dell'élite che lo ha costituito. In particolare, quando un partito è espressione delle istanze di una classe sociale, la biografia di coloro che lo hanno fatto nascere e crescere è un'informazione di immenso rilievo. Ma tutto ciò ci è ignoto. Ci si aspetterebbe che il nucleo dei "fondatori", costituendosi come "classe dirigente" di quel partito, si doti di organismi attraverso i quali la leadership interna sia contendibile, sia pure in un assetto centralizzato e, per così dire, di stampo "leninista".

Orbene, nulla di ciò può dirsi del M5S, che somiglia, più che a un partito con una sua classe dirigente, a una setta new-age. Con tanto di santone ed eminenza grigia al seguito. Una struttura, cioè, assai più confacente a un partito espressione di forti e consolidati interessi economici e geopolitici, piuttosto che di quelli diffusi delle classi popolari. Possibile che a nessuno venga in mente che, se il mandato per i grillini è a tempo, ciò deve essere ancor più vero per il santone e per la sua eminenza grigia? O sull'etichetta di costoro c'è scritto "data di scadenza: mai"?
Naturalmente potrei sbagliarmi. Magari Grillo, Casaleggio e gli altri frequentatori del "tinello" (sembra che sia in quel luogo che si decide la politica del M5S) sono persone che hanno realmente a cuore gli interessi delle classi popolari, e sono costretti ad agire come agiscono perché sono assediati. Tutto è possibile, ma nel dubbio me ne sono allontanato e ho cominciato a impegnarmi nella costruzione di un vero partito del lavoro, ovviamente di stampo leninista (altrimenti che partito è?). Uno dei semi di questo partito, che nascerà quando verrà il momento, è l'Associazione Riconquistiamo la Sovranità (ARS). Ne stiamo costruendo l'ossatura, cioè la classe dirigente, gli organismi interni, le regole della militanza. Se mi sto sbagliando sul M5S farò ammenda pubblica e lo sosterrò... ma intanto è buona cosa portarsi avanti con il lavoro. D'altra parte, se deve essere un "partito del lavoro", bisogna pur lavorare!

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