martedì 22 luglio 2014

La doppia coppia

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Se ciò che è reale è razionale, allora le riforme di Matteo Renzi devono avere uno scopo. Il quale non può che essere il rafforzamento dell'esecutivo a discapito del Parlamento. Infatti se si opera, per di più di gran fretta, nel senso di un rafforzamento dell'esecutivo nel mezzo della più grave crisi dalla fine della seconda guerra mondiale, ciò non può che significare una sola cosa: che si prevede la necessità, a breve, di prendere decisioni gravi e straordinarie.

Il compito di Renzi è dunque quello di predisporre il quadro costituzionale e politico all'interno del quale sarà possibile far passare tali gravi decisioni. Queste ultime vengono già ora (anzi da tempo) dibattute in ambiti ristretti e lontani dalla grancassa mediatica. Ciò non significa che il dibattito sia "segreto", dal momento che di tale segretezza non v'è alcun bisogno, stante il grado di intontimento di un'opinione pubblica rintronata da decenni di ridicole trasmissioni di approfondimento politico. Per non parlare di certi "editorialisti", che non dovrebbero scrivere nemmeno su un giornalino di quartiere...

Solo una minoranza degli italiani segue il dibattito, e solo una parte di questa è in grado di coglierne le implicazioni. La polemica tra la doppia coppia Alesina&Giavazzi (A&G) e Frattiani&Savona (F&S) ben rappresenta le due opzioni discusse all'interno del mainstream economico finanziario. Da un lato ci sono coloro (A&G) che chiedono di proseguire sulla strada del rigore di bilancio, fatta di avanzi primari da mantenere per decenni, tagli ulteriori alla spesa pubblica e dismissioni massicce di assets pubblici. Sul versante opposto, F&S prospettano l'inevitabilità di un intervento sullo stock di debito pubblico, da effettuarsi attraverso un allungamento delle scadenze tali da ridurne il rendimento reale (differenza tra rendimento nominale e inflazione). Il confronto è riconducibile alla contrapposizione tra quanti chiedono di proseguire sulla rotta di un'Europa ultraliberista (A&G), e coloro i quali, pur restando nei limiti di un'impostazione liberale, hanno preso atto della contraddizione insita nei comportamenti non cooperativi dei paesi in surplus, Germania in testa.

I due link correlati rimandano all'ultimo scambio di colpi della doppia coppia. L'articolo di A&G ha il merito di svelare l'aspetto che maggiormente preoccupa i salotti buoni del capitalismo italiano, che non è quello di una transitoria sfiducia dei mercati finanziari a seguito di un parziale default sui titoli di stato, quanto la sua inevitabile conseguenza: la nazionalizzazione del sistema bancario. Una prospettiva, questa, enormemente temuta, giacché non vi sarebbe alcuna certezza sui tempi di una sua successiva riprivatizzazione. La terapia proposta da A&G, tuttavia, non sembra corroborata da alcuna argomentazione razionale, limitandosi a chiedere l'ennesima spallata sull'Isonzo, e si conclude con una frase che è, al contempo, una confessione e una conferma dell'assunto iniziale di questo post: "Insomma, siamo ad un bivio. I compromessi gradualisti non bastano più. Per farcela da soli ci vuole un po' di coraggio. Ma i partiti tradizionali sono disposti a farlo?". Cos'altro è mai questa, non è l'invocazione di un governo dittatoriale?

Le argomentazioni della coppia F&S sono più razionali e concretamente ancorate alla realtà dei fatti. Serve la crescita, certo, ma questa è possibile solo liberando risorse, e dunque riducendo gli interessi sul debito attraverso una sua parziale ristrutturazione. Operazione praticabile grazie all'avanzo strutturale del bilancio dello Stato italiano che ci metterebbe al riparo dall'iniziale, e presumibilmente rabbiosa, reazione dei mercati privati internazionali. Nell'articolo della coppia F&S c'è qualcos'altro, oltre all'ovvia e implicita conseguenza di nazionalizzare, almeno temporaneamente, il sistema bancario, ed è la convinzione dell'inevitabile implosione della zona euro, che potrebbe addirittura avvenire prima che l'Italia sia costretta, dalla testa dura dei fatti, ad abbandonarla.

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