lunedì 15 giugno 2015

Il "piccolo Eco" e il "grande Eco"


Scusate ma vorrei tornare sulla dichiarazione di Umberto Eco, ”I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli“, analizzando quello che ha detto allorché, intervistato (in pompa magna) sull'Europa ha sciorinato le seguenti amenità (si veda il filmato per verificare la corrispondenza):
  1. Mi sono sempre sentito europeo nel senso che parlo e scrivo in almeno tre lingue... viaggio...
  2. La sensazione di essere europeo l'ho sentita ogni volta che sono stato oltre oceano... soprattutto dopo una serata passata coi colleghi americani... ma c'era poi lì un francese o finlandese e, dopo mezzanotte, si riusciva a parlare meglio col finlandese che con l'americano... per infinite ragioni, ma ce ne rendiamo conto solo quando siamo da un'altra parte.
  3. Mi ha sempre colpito una bellissima pagina di Proust... dove racconta la Parigi durante la I guerra mondiale... e c'era questo odio furibondo...e nessuno diceva più tedesco ma soltanto "bosch", che sarebbe crucchi da noi, ebbene lui parlava coi suoi amici, con Saint Luc che muore eroicamente ehh e parlavano di letteratura e di musica tedesca. Cioè stavano ammazzandosi a vicenda ma riuscivano a parlare degli altri come se fosse una cosa loro, e dice anche ironicamente che si riusciva in un giornale a recensire il libro di un grande autore tedesco dicendo "questo è un grande bosch". Questo brano mi ha sempre colpito, anche attraverso le guerre e le tragedie c'è un'identità di spirito europeo... forse perché, è stato detto numerose volte, tutta la storia del pensiero occidentale non è altro che un commento a Platone.
  4. Mi hanno raccontato che esiste un "comune sentire" svizzero... cioè si può essere un paese e avere un'identità anche con lingue diverse... non voglio dire l'India che ne ha quaranta, però c'è un'identità che è l'India, diversa dal Pakistan. La soluzione non mi pare quella che fatalmente si deve adottare oggi, con 27 traduzioni simultanee eccetera eccetera, sarà il lento diffondersi di un polilinguismo. 
  5. Polilinguismo non vuol dire che ognuno parla tutte le lingue, ma che se la cava a capire un po' tutte le altre. Succede per le persone colte che ci si trova intorno a un tavolo e ciascuno parla la propria lingua e un pochino ci si capisce. Un mio illustre collega francese parla sempre di questo polilinguismo come il destino dell'Europa.
  6. E qual è una delle molle per arrivarci? L'erasmus! 
  7. L'erasmus, io l'ho sempre detto, ha due funzioni, una linguistica e una sessuale. La maggior parte dei giovani che vanno a fare l'erasmus si sposano all'estero. Questo vuol dire che nel giro di trent'anni viene fuori una generazione bilingue... quindi già questa è una cosa molto importante...i ragazzi che vanno a fare l'erasmus finiscono magari in Spagna, senza sapere la lingua all'inizio, e poi si aggiustano. Naturalmente stiamo parlando dell'élite, non stiamo ancora parlando delle grandi masse dove può succedere che c'è persino qualcuno che non parla neanche l'italiano, succede anche in Parlamento, però nel lungo periodo tanto più emergeranno le altre potenze, dall'oriente..., tanto più l'Europa si sentirà assediata ma unita

Il "piccolo Eco" al "grande Eco"


Vedi caro Umberto, il cuore del tuo argomentare è profondamente elitario e antidemocratico. Il che non è necessariamente un male sul piano pratico, sebbene ciò non ne cancelli la natura antidemocratica. Non voglio fare la parte dell'anima bella e democratica, anzi a me piace talvolta essere crudo e diretto, ragion per cui ti dico che comprendo, e in qualche modo accetto, il ruolo delle élites nella storia, a patto però che la loro azione abbia un esito che avvantaggi anche la maggioranza, oltre che loro stesse. Può accadere che le élites, promuovendo un assetto sociale funzionale alla loro visione del mondo, producano qualcosa che, alla fine, avvantaggia tutti? Sì, può accadere, è accaduto. I guai nascono quando le cosiddette élites falliscono, cioè quando, perseguendo come è loro uso il proprio interesse, sbagliano clamorosamente i loro progetti.

Il filmato che hai registrato risale al maggio del 2014. Non è un dettaglio, perché a maggio del 2014 i segnali che denunciavano il disastroso fallimento del progetto di unificazione europea erano ormai conclamati, e dunque è difficile sostenere che le tue parole siano state pronunciate in un momento in cui le cose sembravano andare per il meglio, il che giustificherebbe, almeno in parte, il tono "leggero" con cui ti sei espresso. Hai parlato del fatto che ti senti europeo perché viaggi, hai citato Proust, infine ti sei soffermato sul problema della lingua. Cioè proprio sul terreno in cui sei più ferrato.

E hai detto che la soluzione sarebbe il polilinguismo. Vorrei farti una domanda: quanto tempo dovrebbe trascorrere, secondo te, affinché questa capacità dei cittadini di capirsi vicendevolmente attraverso la pratica del polinguismo possa giungere fino al punto di poter comprendere ciò che dicono i candidati durante una campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo? Vent'anni? Cinquanta? Cento? Ma soprattutto domando a te, che sei un grande esperto del settore: ci credi veramente?

Mi sembra evidente che, se l'Unione Europea sarà il quadro nel quale ci troveremo a vivere per almeno (almeno?!) mezzo secolo, ciò implicherà, di necessità, una sostanziale sospensione della democrazia. Pensaci! Mezzo secolo durante il quale al popolo dovrà essere sottratto il potere di decidere. Lievemente inquietante.

Ma sia! Le élites, che sanno quel che si deve fare, un giorno dovranno cedere il potere, volenti o nolenti, ma a quel punto avremo un'Europa unita! Una grande cosa, sebbene raggiunta attraverso una sospensione della democrazia. Esaminiamo allora questo progetto di Unione Europea.

Sbaglio, o la strada che si è deciso di seguire è quella di un'unione monetaria nella quale ogni Stato conserva la sua contabilità nazionale, restandone responsabile in solido? Vale a dire: una moneta unica che definisce un campo di gioco nel quale i diversi Stati dovrebbero, allo stesso tempo, competere e cooperare. Un ossimoro dal sapore vagamente darwiniano.

Ah, dimenticavo, le leve dell'economia sono saldamente nelle mani di un'istituzione privata, la BCE, la quale ha il divieto di finanziare i deficit statali, cioè non può soccorrere gli stati che, per qualsiasi ragione, si trovano in difficoltà. Difficoltà che possono emergere sia a causa di shock esterni, sia come conseguenza di comportamenti predatori da parte di gruppi privati e/o di Stati in posizione di forza.

Però ci dici, e tu sei un uomo di grande cultura, che tutto ciò ha un'importanza relativa perché, e qui citi l'erasmus, le dinamiche sociali convergono nella direzione di formare un'identità europea seppure, lo riconosci, tale processo procederà dall'alto verso il basso. Saranno le élites, per prime, a costruire l'identità europea, l'intendance suivrà.

Caro Umberto, io appartengo a quella legione di imbecilli che affolla i social sforzandosi, ognuno con i propri limiti, di capire quello che voi élites state preparando per noi. Fammi capire, ti prego. Mi stai dicendo che dobbiamo cedere sovranità e potere a voi, che dobbiamo fidarci, che dobbiamo sopportare per molti lunghi anni di non contare nulla perché "nel lungo periodo tanto più emergeranno le altre potenze, dall'oriente..., tanto più l'Europa si sentirà assediata ma unita". Cioè stai dicendo che, per rompere il culo - perdonami, io sono un imbecille avvinazzato - a quegli asiatici dagli occhi oblunghi che lavorano 16 ore al giorno in condizioni sub-umane, noi dobbiamo, per così dire, "allenarci" facendo altrettanto? Mi stai dicendo, Umberto, che siamo in guerra coi disperati operai cinesi, pakistani, indiani? Gli stessi ai quali noi occidentali permettiamo di "crescere" commissionandogli la produzione di ciò che non conviene più produrre da noi... perché farlo implicherebbe spartire a casa nostra la torta tra capitale e lavoro?

Perdonami Umberto, ma io è così che la vedo. Sicuramente mi sbaglio perché sono un imbecille avvinazzato, un "piccolo Eco" mentre tu sei il "grande Eco". Ma se io sono un piccolo Eco, un uomo senza qualità, allora è giusto che mi si tolga la parola per impedirmi di far danni!

Mi sorge però un sospetto: che sia tu, caro Umberto, il vero Uomo senza qualità. Ti lascio, grande Eco, alla tua Azione Parallela. Penso che tu sia sia una delle grandi menti impegnate nella costruzione di idee e visioni brillantissime capaci di catturare l'attenzione di noi sudditi, al fine di celebrare la superiorità della cultura occidentale (un lungo commento a Platone, parole tue) e la sua indubitabile supremazia politica, culturale e filosofica.

Riuscirai a portare a compimento la tua missione prima che l'Unione Europea, questa piccola Austria moderna, crolli sotto il peso delle sue ambizioni?

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