martedì 24 novembre 2015

Un'analisi logica della guerra di Siria

Ci sono due condizioni per poter raccontare una guerra: essere a conoscenza di notizie "riservate" oppure, se si dispone solo delle notizie di pubblico dominio, tentare di comporre il puzzle usando la logica, il buon senso e un minimo di conoscenza degli invarianti della storia. Il secondo è l'unico metodo che posso utilizzare.

Io credo che la domanda fondamentale che dobbiamo porci sia: a quale livello è stato deciso l'attacco a Parigi? Ho riflettuto e sono giunto alla conclusione che i livelli possibili siano cinque:
  1. il livello delle singole cellule operanti all'interno dell'Europa
  2. il livello dello stato maggiore dell'Isis
  3. il livello dei finanziatori regionali dell'Isis
  4. il livello della super potenza globale, gli USA
  5. il livello NATO
Tutti i media mainstream sono all'opera per convincere l'opinione pubblica che l'attacco è stato deciso al livello 1. Il racconto dei fatti è già sotto la lente dei debunkers (sia lode a loro), e credo che certe iniziative, tendenti a reprimere la libertà della rete, siano motivate dal timore che il loro lavoro possa giungere a risultati eclatanti. Personalmente non credo che la risposta sia che la decisione di portare l'attacco a Parigi sia stata presa al livello 1, per cui non me ne occuperò. Anche perché i media mainstream stanno già facendo un ottimo lavoro in tal senso. #DAR.

E' possibile che la decisione sia stata presa al livello 2. Ho già esaminato questa possibilità in questo articolo, allorché scrissi: "...un attacco al cuore dell'Europa, a Parigi, implica il rischio di un compattamento di tutti gli attori internazionali, al fine di sterilizzare la situazione e disinnescare una situazione che può sfuggire di mano. Se accadesse ciò, per l'Isis sarebbe la fine. I Kurdi sono lì che aspettano, con ansia, l'occasione di sostituirsi ad esso, garantendo per sovrappiù ben altra affidabilità. In cambio della promessa di un loro Stato, ovviamente. E la Turchia dovrebbe, a quel punto, piegare il capo."

In questo articolo vorrei esaminare meglio l'ipotesi 2, rimandando l'esame delle ipotesi 3, 4 e 5 ad altri articoli. In particolare vorrei spiegare perché, se fosse vera l'ipotesi 2, "per l'Isis sarebbe la fine".

Il punto di partenza è il fatto, che considero indiscutibile, che il conflitto siriano sia qualcosa di più di un conflitto regionale. Certo, gli attori regionali hanno forti interessi e motivazioni, ma le grandi potenze (USA, UE, Russia e Cina) hanno lì interessi di natura strategica. Ora una guerra tra le grandi potenze implica il rischio di una deflagrazione mondiale dalle conseguenze inaccettabili, e tuttavia la guerra è necessaria. Per i loro interessi, ovviamente. Lo dico per i diveramente emotivi.

Ciò vuol dire che oggi, e non è la prima volta che ciò si verifica nella storia, la "guerra inevitabile" impone delle regole il cui fine sia quello di preservare l'esistenza del sistema. Una situazione non nuova, alla quale in Europa siamo ben abituati. Basti pensare al millennio di guerre che hanno insanguinato l'ancien régime allorquando tutte le guerre, con poche eccezioni, si concludevano senza la distruzione e la sottomissione completa dell'avversario, come accadeva ad esempio nell'antichità classica, bensì con cessioni o acquisti di territori, passaggi di mano di corone regali o titoli nobiliari, non di rado addirittura con scambi di territori da un casato all'altro. Perché avveniva ciò? Perché le guerre non si concludevano con la conquista e la riduzione in schiavitù dei vinti, come nell'antichità classica? Per un motivo semplice: l'ancien régime era un sistema di potere la cui conservazione costituiva un vincolo ineludibile, quale che fosse l'asprezza dei contrasti.

Ora questo vincolo imponeva che non fosse consentito a nessuno di muoversi nella più assoluta libertà, soprattutto traendo dalla vittoria un guadagno assoluto, perché un simile comportamento avrebbe esposto il regime feudale a un rischio inaccettabile. Ecco dunque che, quando un attore o coalizione di attori riportava la vittoria, interveniva immediatamente un livello superiore che, agendo sul piano diplomatico, pur riconoscendo l'esito del confronto sul campo, pur tuttavia ne limitava le conseguenze. Nell'articolo "Studiamo la storia" ho ricordato la Grande guerra del nord, un conflitto che vide protagonisti l'impero svedese, la Russia, la Polonia, la Danimarca, alcuni Stati del Sacro Romano Impero, gli ottomani ed altri potentati minori, il cui esito fu la disastrosa sconfitta dell'impero svedese. Ebbene, nonostante la sconfitta, la casa reale di Svezia, della dinastia del Palatinato-Zweibrücken, conservò la corona, come pure non persero il loro rango tutti gli altri casati, che fossero vincitori o sconfitti. La guerra, nell'ancien régime, obbediva a delle regole, la cui ragion d'essere consisteva nel fatto che, quali che fossero le ragioni dei conflitti, esisteva un bene superiore, per l'appunto la sua conservazione.

Tutto ciò è cambiato con la rivoluzione francese. Da allora, e per due secoli, le guerre sono tornate ad essere quello che erano nell'antichità: ai vincitori andava tutto il piatto, agli sconfitti la resa senza condizioni. La seconda guerra mondiale è stato il conflitto moderno che, più di ogni altro, ha avuto questo genere di conseguenze.

Con l'inizio dell'era atomica e dopo che, con la fine dell'URSS, l'equilibrio mondiale ha manifestato una tendenza inarrestabile verso un assetto multipolare a dispetto dei tentativi imperiali degli USA, si è tornati a una concezione della guerra più simile a quella in auge durante l'ancien régime: di nuovo non è possibile una guerra senza regole, perché il rischio per la sopravvivenza del sistema sarebbe inaccettabile per tutti.

Questo fatto ha conseguenze profonde, una delle quali è che agli attori minori del grande gioco, e l'Isis è uno di questi, non può essere consentito di porre in atto azioni che minaccino la sopravvivenza del sistema. La guerra è consentita, d'altronde è necessaria, ma nessuno degli attori minori può pensare di condurla mettendo a rischio questo interesse superiore e, per forza di cose, condiviso. Questa è la ragione per cui, se l'attacco a Parigi è stato deciso, autonomamente, dallo stato maggiore dell'Isis (cioè al livello 2), l'Isis verrà eradicato, e sostituito con un altro attore.

E' possibile che l'Isis, sebbene finanziato e armato dagli Stati del golfo persico (Arabia Saudita, Qatae, Emirati Arabi) e dalla Turchia, abbia potuto agire in modo autonomo, senza concordarlo con i suoi alleati, portando la sfida sul territorio metropolitano di uno degli Stati più importanti dell'occidente, in possesso di un deterrente nucleare? La risposta è sì, ciò è possibile, ma io credo che, se così sono andate le cose, assisteremo a una momentanea tregua per estirparlo. La vera guerra, dunque, riprenderà dopo l'eliminazione dell'Isis dalla scena. Un risultato, per altro, già in gran parte raggiunto con l'intervento russo, e che l'arrivo dei francesi sancirà in modo definitivo.

E se non fosse stato l'Isis a decidere, autonomamente, di attaccare Parigi? Se, cioè, tale decisione fosse stata presa al livello 3, o 4 o 5? In tal caso l'Isis resterà sul campo, ma la situazione diverrebbe molto più grave di quanto non sia già ora. Ne riparleremo nei prossimi giorni.

7 commenti:

  1. Una domanda a chi ne sa piu' di me , scusami Fiorenzo , ma lasciami che mi levi sto
    cruccio , ma la massoneria esiste o no ? Quindi centra o no ? Si , perchè sembra , secondo
    alcuni , che la massoneria centri anche con la storia o meglio con la costruzione dello stato
    italiano , e tu che sei a contatto con gli insegnanti di storia forse potresti averne sentito
    parlare , e non solo con la creazione dell' Isis . Ribadisco , non è una donansa provocatoria .

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    1. Che la massoneria abbia guidato cambiamenti epocali della storia (parlo, ad esempio, della rivoluzione francese e di quella russa) credo che non sia più un mistero esistendo importante documentazione che lo attesta.

      Bisogna però uscire dal clichè secondo cui la massoneria è una entità omogenea dedita al malaffare. Da secoli si contendono il campo obbedienze massoniche progressiste (quelle che hanno provocato e in parte governato le grandi rivoluzioni di massa degli ultimi tre secoli: a proposito, chi di voi sapeva che Trozki e lo stesso Lenin erano affiliati ad una loggia massonica?), e logge il cui fine è quello di asservire l'umanità agli interessi dei propri adepti e che, sembra, abbiano dal XX sec. assunto il sopravvento su quelle progressiste.

      Noi "profani" non siamo in grado di cogliere la presenza delle "confraternite" dietro molti fatti di cronaca, perché non conosciamo la simbologia massonica. Chi la conosce sa, ad esempio, che il 13 novembre, data in cui è stato compiuto l'eccidio di Parigi, ha un significato inequivocabile nel linguaggio massonico, corrispondendo ad un evento importantissimo per la storia della massoneria.



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    2. Immagino tu ti riferisca alle dichiarazioni di Gioele Magaldi, il quale però ha anche (onestamente) detto che la vera ricorrenza cade il 13 ottobre 1307. Ciò detto, ti ricordo (con affetto) che a me non importa un fico secco che nella lotta tra le élites ci siano i cattivi ma anche i buoni. Stiamo sempre parlando di qualcosa che, con la democrazia, non ha nulla a che vedere, mentre ha molto a che fare con il paternalismo.

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    3. Da quanto affermano alcuni esperti di massoneria, G.M. si riferisce ad un evento che effettivamente ricorre il 13 ottobre, ma che il 13 novembre ricorre un evento ancor più significativo per i massoni e che, evidentemente, gli sfugge.

      Cmq, il mio intervento non voleva essere una replica al tuo post di risposta a Fabio Campedelli, ma una considerazione sulla tematica da lui introdotta.

      Per quanto concerne l'importanza delle élites nella storia, sono perfettamente d'accordo sul fatto che il loro operato non ha nulla a che fare con la democrazia, ma sono altrettanto convinto che, se (e sottolineo "se") esse hanno avuto un ruolo determinante nella costruzione dei moderni ordinamenti democratici occidentali e nella loro successiva trasformazione in chiave tecnocratico-autoritaria, fingere di ignorare questa influenza sarebbe un errore madornale ai fini della corretta lettura della realtà passata, presente e futura.

      In ogni caso, se la massoneria è l'espressione di èlites (e lo è), la conclusione da trarre è che hanno appartenuto a queste èlites quasi tutti i personaggi annoverati fra i paladini della libertà e della democrazia e anche molti di coloro che sono celebrati come "eroi del proletariato".

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  2. La massoneria esiste, come esiste la mafia. Sui sindacati ho qualche dubbio.

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    1. Chapeau! E mi levo il cappello nonostante siano giorni da brividi... d'ogni genere.
      P.S.
      Molto interessante - che rima bene con inquietante - la tua analisi di questi ultimi post, così come quella di Giulietto Chiesa intervistato da Messora.

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  3. Trovo non sufficientemente argomentata la distinzione tra due differenti tipi di guerra.
    Secondo me, semplicemente le guerre non portavano alla totale distruzione del nemico, perchè rispetto al passato, intanto esistevano gli stati nazionali che come sappiamo non esistono da sempre e che tali stati avevano una certa organizzaizone civile che non si poteva estirpare del tutto neanche volendolo, sicuramente con con gli armamenti disponibili ai tempi della guerra che citi (la grande guerra del nord).
    Mi pare che gli esempi dell'iraq e dell'afgahnistan ci mostrino altri esempi di come non sia facile distruggere uno stato solo vincendo militarmente. Dall'ambito sociale, sorgeranno sempre nuove forma di resistenza che renderanno molto costoso per il vincitore tenere sotto controllo quel territorio.
    Nel caso della seconda guerra mondiale, eravamo in presenza di un livello di distruzione mai visto prima dall'umanità. e quindi a mio parere fa caso a sè stante.
    Naturalmente, i miei sono dubbi non certezze, non ho mai riflettuto prima d'ora su questi aspetti che tu sollevi e che trovo molto interessanti.
    Seguiterò a leggere le puntate seguenti.

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