mercoledì 8 novembre 2017

La zoccola dura della Leuropa

Le classi dirigenti euriste italiane, che non sono i politici che vediamo in televisione, sanno che la posta in gioco, per esse, è entrare a far parte della zoccola dura della Leuropa. Fallire in tal senso equivale, per loro, a fare la stessa fine dei lavoratori italiani, siano essi i salariati, le partite iva, i ceti professionali o le PMI. Il problema che il grande capitale italiano eurista deve affrontare e cercare di risolvere è contraddittorio, e consiste nel salvare i suoi assets finanziari spingendo, al contempo, il paese ad una situazione di surplus strutturale della bilancia commerciale. Per fare questo, con una moneta che non controlla e sopravvalutata del 20%, sta usando, con ferocia, due armi: la leva fiscale e l'immigrazione, entrambe con il fine di abbattere il costo del lavoro, che è l'unica variabile sulla quale si può agire in assenza di sovranità monetaria e in regime di libera circolazione.

L'immigrazione è uno strumento di medio-lungo periodo, il cui compito è quello di stabilizzare i risultati conseguiti agendo sulla leva fiscale. Quest'ultima ha il vantaggio di essere uno strumento di rapida attuazione ed efficacia, come ha ampiamente dimostrato il governo Monti.  Per "leva fiscale" si intendono non solo gli inasprimenti delle imposte, che sono pesanti ancorché non del tutto percepiti (illusione finanziaria) ma soprattutto i tagli al welfare e alle pensioni. Il problema è che, così agendo, si distrugge la domanda interna, il che manda in sofferenza le banche e mette a rischio gli assets finanziari. Avendo il grande capitale italiano accettato, molto probabilmente subìto, le regole del bail-in, ovvero il meccanismo che scarica sugli obbligazionisti e sui depositanti il rischio di insolvenza delle banche, pur comprensivo della norma che limita all'8% la perdita per gli azionisti delle stesse, il sentiero che può percorrere è quanto mai stretto e difficoltoso.

Da una parte si intensificano le richieste di flessibilità nei confronti dell'asse franco-tedesco, che tuttavia si scontrano con la tetragona resistenza di questi ultimi ad ogni ipotesi di allentamento dei vincoli dei trattati leuropei, dall'altra ci si deve preparare a gestire politicamente i problemi di uno o più fallimenti bancari, conseguenza dell'esplosione dei NPL (Non Performing Loans - crediti in sofferenza). Seppur protetti dalla clausola dell'8%, che salvaguarderebbe in parte la ricchezza finanziaria, ad ogni fallimento seguirebbe l'acquisizione di fette del mercato del credito italiano da parte delle banche del centro, con il risultato, per il grande capitale italiano, di trovarsi sì ancora ricco, ma privato delle industrie finanziarie necessarie alla riproduzione di tale ricchezza. Ovviamente anche gli assets industriali, che €sso controlla tramite le banche, finirebbero in breve nelle mani dei più agguerriti concorrenti tedeschi e francesi. Che è quello che abbiamo già visto accadere negli anni passati, ma rischia di ripetersi su scala maggiore.

In sintesi, il problema è quello di guadagnare tempo per condurre a termine la deflazione salariale senza perdere il controllo politico del paese. Ma, nel fare ciò, il grande capitale italiano si trova nell'infelice posizione di dover chiedere aiuto a chi ha tutto l'interesse affinché questo tempo non sia concesso.

Mentre infuria la guerra civile leuropea, altri attori agiscono sulla scena. Gli inglesi, e ancor più gli americani, hanno sull'italia un interesse che è prioritariamente di natura geopolitica. Se alla Germania interessa la stabilità monetaria, essendo troppo debole militarmente per agire come protagonista in politica estera, l'ossessione degli USA è la stabilità politica del nostro paese, che deve essere conservata ad ogni costo. Ci sono in gioco le 85 basi militari sul nostro territorio che non si toccano. Che dico, non si toccano! Si rifletta su un fatto: la brexit non ha avuto effetti sull'economia inglese, che manteneva il controllo sulla sua moneta, ma ha letteralmente fatto saltare ogni vincolo di coordinamento in politica estera tra l'Inghilterra e la Leuropa. «Fuck The EU» si asciò scappare la vicesegretaria di Stato americano, Victoria Nuland, a colloquio con l’ambasciatore Usa in Ucraina, Geoffrey Pyatt. Vi pare che un'esponente dell'amministrazione americana possa dire, sia pure per interposta Leuropa, Fuck the England?

I contrastanti interessi testé descritti, quello dell'asse franco-tedesco a cannibalizzare gli assets finanziari e industriali italiani, e quello (anglo) americano teso ad assicurare la stabilità politica del nostro paese in funzione geopolitica, quale che sia il prezzo da pagare per l'Italia sull'altare del folle progetto unionista - si pensi alla Grecia - trovano rappresentanza negli schieramenti politici nostrani delimitando due campi che chiameremo "il partito tedesco" e "il partito americano". Tutta la classe politica italiana, comprese alcune piccole organizzazioni dell'estrema destra e dell'estrema sinistra prive di rappresentanti eletti, è schierata con l'uno o con l'altro partito estero. Non c'è, né può esserci rebus sic stantibus, alcun "partito italiano", come dimostra il fatto che, a dispetto di un agitarsi dal basso come non si era mai visto dal Risorgimento, ogni tentativo di aggregazione è fallito, infrangendosi contro gli ostacoli di mille e speciose divisioni ideologiche e/o su temi secondari seppure importanti.

Guai ad arrendersi, però. Questa sarebbe la scelta peggiore perché un popolo, quando si arrende, muore e scompare dalla Storia, riproducendo su scala collettiva la morte individuale. Ebbene, se davanti alla minaccia di essere uccisi la scelta peggiore è quella di offrire il collo per il timore di soffrire, allo stesso modo non dobbiamo abbandonare la lotta e, per viltà, accettare l'annientamento. Bisogna invece resistere, accettare di essere messi da parte, perfino derisi, ma continuare a dire la verità. Se milioni di italiani capiranno questo allora ne usciremo, in un modo o nell'altro. Con le ossa rotte, ma ne usciremo. E, spero, ce ne ricorderemo nei secoli a venire.

5 commenti:

  1. In Veneto , però , Fiorenzo , già di fatto colonia della Germania e regione votata all'esportazione , la va di lusso !

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    1. Ma non per tutti, come non per tutti è in Germania. Anzi, direi per pochi. Nei paesi mercantilisti in surplus l'unico vantaggio per i salariati e le PMI consiste nel lavorare, rispettivamente, guadagnando poco o con margini di profitto ridotti all'osso.

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    2. Fiorenzo, sei sicuro che il Risorgimento sia stato un movimento dal basso?.....
      s.g.

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    3. Alto e basso sono concetti relativi. Quando meno del 2% aveva diritto di voto i patrioti risorgimentali del ceto borghese (e in parte nobiliare) erano il "basso".

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  2. Articolo illuminante. Aggiungerei che il "partito italiano" non esiste nei programmi di partiti e partitini, ma neppure in quelli del popolo lavoratore (o disoccupato), perché sfidare i poteri forti significa lottare, e un'umanità degenerata e consumistizzata non ne ha alcuna voglia. Meglio godersi il tramonto, per quanto si faccia via via più plumbeo e meno dorato. E infatti la cosiddetta agitazione dal basso nutre barzellette come i 5 stelle, in fervente attesa di diventare il PD v2.0.

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