lunedì 31 marzo 2014

«L’UNIONE EUROPEA NELLE INTENZIONI E NEI FATTI: ANATOMIA DI UNA CRISI»

Venerdì 28 marzo 2014, a Salerno, alle ore 16.30 nella Sala del Gonfalone di Palazzo di Città, Via Roma 1, a cura del Comune di Salerno, della Società Filosofica Italiana e del Liceo classico “F. De Sanctis”, si è svolto l’incontro dibattito sul tema:
«L’UNIONE EUROPEA NELLE INTENZIONI E NEI FATTI: ANATOMIA DI UNA CRISI».
Ha presieduto il Prof. Giuseppe Cacciatore, dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Sono intervenuti:
Prof. Stefano D’Andrea dell’Università della Tuscia: “Costituzione italiana e Trattati europei”.
Prof. Gennaro Zezza dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale: “La  crisi economica dell’eurozona”.
Prof. Carmine Pinto dell’Università degli Studi di Salerno: “La storia politica dell’Unione Europea”.
Moderatore: Nello De Bellis.

Il video integrale dell'evento e l'intervento di Stefano D'Andrea.




sabato 29 marzo 2014

Dal contratto con gli italiani alla cambiale in bianco

Ovvero: votaci, poi ti faremo sapere...

Demetrio, in questo commento, sostiene che:

«Una delle caratteristiche strutturali della sinistra italiana (e non) è il settararismo.

Messaggi del tipo "diffidate di tutti quelli che sembrano volere cose simili a quelle che voglio io" servono a chi ha già un certo seguito politico da incrementare rispetto ai "concorrenti". Diversamente, l'operazione rivela che si è mossi da spinte puramente egocentriche e narcisitico-autoconfermative .

Due cose, di per sè elementari: 

1) chi ha anche una vaga idea di quali interessi ruotino intorno alla moneta unica e di quali mezzi dispongano i portatori di quegli interessi, sa bene che se Il M5S si mettesse a proclamare che fra i suoi obiettivi c'è l'uscita dall'euro "senza se e senza ma", esso firmerebbe la sua condanna a morte. Il ricorso alle strategie distingue coloro che fanno politica nell'interesse della "polis" dagli altri.

2) E' macroscopicamente falso che la Costituzione della Repubblica Italiana ammette alla guida della Nazione solo forze politiche di orientamento socialista.»


Aniello Prisco, in quest'altro commento, ribadisce che:

«Fiorenzo Fraioli, tu chiedi di conoscere gli obiettivi politici. Sono noti e pubblicati ovunque. Gli obiettivi in Europa sono stati presentati a dicembre 2013, pensa come siamo chiari. Se tu per obiettivi del M5S ritieni che debbano necessariamente convergere con le tue idee e modalità di azione forse questo ti anticipo che non credo sarà raggiungibile. La determinazione con cui andremo in europa sarà la stessa con la quale ci siamo recati in parlamento. Vedrai che gli echi europei giungeranno fino a noi. 
Leggo con dispiacere che usi il termine bimbi, lo stesso che hai usato durante l'incontro che ha generato qualche critica nei tuoi confronti. Infatti, ti è stato concesso di parlare, di esprimere pubblicamente il tuo pensiero (a me sembrava un comizio elettorale a dire il vero) e quando sei arrivato alla fine del tuo discorso hai chiamato bimbi la platea, credo poco carino. Fai le tue valutazioni. Sulla linea politica del M5S in europa hai usati argomenti poco validi perché hai citato due fogli di meetup comunali che non sono i tenutari della linea politica europea del M5S e su questo sei stato deriso, credo anche opportunamente (come dire che la linea dell'ARS la determinano solo i Los Calimeros, troppo semplificativo).»

Demetrio è anonimo, Aniello Prisco ci mette la faccia, e questo, per me, fa una bella differenza; anche se molti non danno importanza a ciò. Ma il mondo è bello perché è vario.

Comincio con la seconda osservazione di Demetrio (E' macroscopicamente falso che la Costituzione della Repubblica Italiana ammette alla guida della Nazione solo forze politiche di orientamento socialista). Caro Demetrio, dire che una Costituzione è di orientamento socialista (o liberista) non significa affermare che Essa ammetta la partecipazione alla guida della Nazione solo alle forze socialiste (o liberiste). Una Costituzione è socialista (meglio: di orientamento socialista) se, quando e nella misura in cui, impone vincoli al libero gioco delle forze del mercato. Altrimenti è di orientamento (o ispirazione) liberale. Nei casi estremi, una costituzione socialista può essere collettivista, e una costituzione liberale può essere liberista. La Costituzione italiana del 1948 è di orientamento socialista ma non collettivista. Il trattato di Maastricht è una NON costituzione liberista.

Il primo commento di Demetrio e quello di Aniello hanno un elemento in comune: la difesa della posizione del M5S su euro ed Unione Europea. Demetrio sembra sostenere che il M5S non si esprima apertamente su euro e UE per tatticismo, mentre Aniello afferma che la posizione del M5S è nota e chiara fin dal dicembre 2013.

Ignoro se Demetrio sia un iscritto al M5S (ah, gli anonimi!), per cui prendo la sua affermazione come un esempio del fatto che, a quanto pare, ci sono alcuni che non hanno ancora contezza del fatto che il M5S ha espresso la sua posizione su euro e UE già dal dicembre 2013.

E veniamo a queste posizioni. I venti punti del programma del M5S sono qui. L'unico dei venti punti che parla di euro è l'ottavo, che recita: "Referendum sulla permanenza nell'euro". Basta.

Se la grammatica non è un optional, questo significa che il M5S non ha una posizione sull'euro. Semplicemente, il M5S afferma che è giusto e democratico che, a decidere, siano i cittadini, attraverso un referendum.

Ma allora, carissimo Aniello Prisco, in cosa sbaglio io quando affermo, urbi et orbi, che il M5S non è contro l'euro? E che non è nemmeno contro l'Unione Europea, che nei venti punti di programma non è nemmeno citata?

Bada bene, caro Aniello Prisco, che io non sono venuto a dire, nell'incontro di lunedì 24 marzo 2014 a Frosinone (Non si può dire tutto!) che il M5S sia a favore dell'euro! No! Ho detto che non è vero, come dicono i media mainstream, che esso sia contro l'euro! E ho posto una domandina: perché i media mainstream asseverano l'idea che il M5S sia contro l'euro, quando il M5S NON HA UNA POSIZIONE SULL'EURO?

C'è di peggio, ovviamente! I media mainstream descrivono come antieuro addirittura forze che vogliono mantenere la moneta unica, come la lista Tsipras e Fratelli d'Italia.

La sostanza delle cose è che questi partiti hanno surclassato il Berlusconi del contratto con gli italiani del 2001, reiterato nel 2007, infine imitato da Matteo Renzi il 12 marzo 2014!

Qui non c'è nemmeno un contratto, ma una cambiale in bianco!

Eppure milioni di elettori si apprestano a votare il M5S alle prossime elezioni per il rinnovo dello pseudo parlamento europee. Anche Demetrio, immagino, e sicuramente il simpatico (questo è vero) Aniello Prisco, che sembrano soddisfatti di sottoscriverla. Il primo perché si tratterebbe di una "tattica", il secondo perché è d'accordo sul fatto che un partito non abbia una sua posizione sul più grave e urgente problema politico che abbiamo. Quest'ultima è la ragione per cui, prendendo la parola il 24 marzo scorso all'incontro con gli eletti del M5S, ho affermato che "oggi non è più il momento di fare i bambini". E' pur vero che i volantini che ho esibito sono stati stampati da due singoli meetup, e dunque non rispecchiano la posizione del M5S, ma è evidente che questa posizione non c'è, se non nel senso che saranno i cittadini a decidere! Attraverso un referendum consultivo che non potrà avere alcun valore vincolante, stante il fatto che i trattati internazionali non possono essere sottoposti a referendum, come dètta la nostra Costituzione.

Ribadisco dunque la mia affermazione: chi voterà per il M5S alle prossime elezioni europee si comporterà da bambino. Un bambino speranzoso che qualcuno, che capisce più di lui, dopo avergli fatto firmare una cambiale in bianco si occuperà del più grave problema politico che abbiamo.

Io, purtroppo, non sono più un bambino, anzi comincio ad essere vecchio. E' mio dovere, però, far presente l'amara realtà ai tanti che, dopo decenni di disimpegno politico, sono ancora politicamente dei "bimbi". I più intelligenti di questi "bimbi", a un certo punto, capiranno, e si renderanno conto che nessuno verrà a salvarli. Siamo noi che dobbiamo salvarci da soli, facendo lo sforzo di guardare in faccia l'aspra realtà dei fatti, "senza sogni né fogni". La sostanza di questa aspra "verità" è che siamo soli, con le nostre forze, davanti al più devastante attacco alla libertà, alla democrazia e al benessere sociale dall'avvento del fascismo. Siamo noi che dobbiamo costruire i partiti che ci difenderanno, scegliendo i migliori e sostenendoli nella dura battaglia per la libertà e la democrazia che essi dovranno combattere in prima linea. Senza un popolo alle nostre spalle noi dell'ARS, come pure i compatrioti di altri movimenti che si battono per la difesa dei valori, dello spirito e della lettera della Costituzione del 1948, saremo destinati alla sconfitta. E voi con noi, bimbi belli.

mercoledì 26 marzo 2014

Mimì è una civetta

Post correlato: Non si può dire tutto!

L'informazione eurista mainstream presenta come "antieuro" formazioni politiche leggermente dissidenti che, però, non sono per l'uscita dall'euro. E' uno sporco gioco che fa comodo alle suddette liste, che così possono accaparrarsi i voti degli antiunionisti e degli antieuro, e agli stessi "euristi senza se e senza ma", che in tal modo riescono a dirottare il dissenso verso forze politiche che sono, in sostanza, loro complici. Queste liste civetta funzionano come lepri, inseguendo le quali gli antiunionisti finiranno con il perdere il fiato, ritrovandosi alla fine delusi e scoraggiarsi. C'è un solo modo per opporsi veramente all'euro e all'Unione Europea: non votare, votare scheda bianca o restituire la scheda elettorale! (Vedi: COMUNICATO DELL’ARS SULLE ELEZIONI EUROPEE)

martedì 25 marzo 2014

Non si può dire tutto!

Tappa del #NonCiFermateTour organizzato dal M5S a Frosinone. Credevano, i bimbi, di fare la solita tranquilla passerella, ma in questa landa desolata vigilano ed operano los Calimeros. Non l'abbiamo fatta passare liscia a Marzi&Giaccari, a Scalia, al povero Arnald... e secondo voi ci facciamo menare per il naso dai bimbi? Nell'attesa che i "polli di Renzi" nostrani osino alzare la testolina (Fil... ti aspettiamo...), ecco come ci siamo fatti una bella frittura di ortotteri...

domenica 23 marzo 2014

Cosa faranno i "badogliani"?

Riprendo una discussione sul forum di cobraf.com dal titolo "Target2 Incastra la Germania non l'italia (repetita Iuvant)" nella quale Giovanni Zibordi argomenta la tesi secondo cui il sistema di pagamenti interbancari europeo TARGET2 "obbliga automaticamente, per il modo stesso in cui funzionano i pagamenti tra banche in euro, a finanziare i nostri deficit esteri", e dunque che "è il creditore di "riserve" in Target2 (la Germania - n.d.r.) che è incastrato, non il debitore, è il contrario!". La tesi è corretta.

Quello che intendo fare, con questo post, è "sub-divulgare" in modo comprensibile ai più il significato di questa affermazione. E porre una domanda.

Quando il signor Mario Rossi va dalla sua banca a chiedere un prestito per acquistare un bene che non è prodotto in Italia, e il prestito gli viene concesso perché Mario Rossi viene giudicato solvibile, la sua banca gli accredita il denaro necessario. La banca, nel momento in cui accredita il denaro sul conto di Mario Rossi, "crea" denaro, cioè la capacità di spesa di Mario Rossi. Se, in modo corrispondente, il signor Karl Muller va dalla sua banca a chiedere un prestito di pari importo per acquistare un bene prodotto in Italia, le due transazioni si annullano.

Per ovviare al fatto che non sempre Mario Rossi e Karl Muller acquistano contemporaneamente beni di pari importo, e dunque l'insorgere di momentanei squilibri contabili tra il sistema di banche tedesche e quello italiano, è necessaria una "camera di compensazione interbancaria", nella quale vengano "segnati" i saldi delle transazioni commerciali. L'idea è che, nel medio periodo, questi si compensino statisticamente, e che la fiducia che ciò accadrà consentirà alle banche di conservare la fiducia reciproca sulla rispettiva solvibilità. Questo meccanismo è il sistema dei pagamenti interbancari europei TARGET2.
Le cose sono andate come riportato in figura. A partire dal 2007 la compensazione statistica non ha più funzionato.

La causa principale del fallimento è l'euro, perché i differenziali di produttività (cioè di inflazione) tra i paesi dell'eurozona, cumulandosi, hanno reso sempre più competitivi i prodotti tedeschi e meno quelli degli altri paesi. Senza la flessibilità del cambio gli aggiustamenti monetari non sono stati possibili, e i saldi TARGET2 sono esplosi. Ma tutto ciò è, ormai, un fatto noto e acclarato, meno che per i decerebrati piddini. Lo riconosce perfino il vice presidente della BCE Vítor Constâncio.

Ora dobbiamo capire alcune cose:
  1. Il sistema TARGET2 è il cuore dell'euro.
  2. Se il sistema TARGET2 fosse messo da parte, l'euro finirebbe in meno di 24 ore.
  3. Alla Germania l'euro fa estremamente comodo perché è, per essa, una moneta sottovalutata che aiuta le sue esportazioni, mentre è sopravvalutata per il suoi principali concorrenti, in primo luogo l'Italia.
  4. Se l'euro saltasse, con il ritorno alle monete nazionali i crediti tedeschi nel sistema TARGET2 si svaluterebbero nella misura in cui il nuovo marco si rivaluterà rispetto, ad esempio, alle nuove lire.
  5. La perdita immediata rispetto alla sola Italia, per la Germania, si aggirerebbe intorno ai 200 mld di euro.
  6. Il surplus di bilancia commerciale tedesco collasserebbe.
  7. I paesi del sud, in particolare l'Italia, vedrebbero decollare i loro surplus commerciali.
Poiché viviamo in un sistema di mercato, e dunque non è possibile proibire per legge ai consumatori dei paesi periferici di acquistare merci estere a debito, l'unico modo per scoraggiare questi acquisti è quello di impoverirli. Lo strumento per ottenere questo è l'austerità.

Chi chiede di por fine all'austerità, dunque, non fa un ragionamento sbagliato da punto di vista macroeconomico, ma commette un errore politico grossolano che non tiene conto degli interessi in gioco, non solo tra sistemi paese, ma anche, e soprattutto, all'interno di questi. Non si capirebbe altrimenti perché, nella stessa Germania, esistano forze anti-€uro, come pure perché queste comincino a manifestarsi anche in Italia all'interno del ceto dominante (Governo, Renzi attacca Camusso e Squinzi: “Strana coppia che agisce contro riforme”).

L'errore politico grossolano consiste nel fatto che chiedere la fine dell'austerità equivale, tout court, a chiedere la fine dell'€uro. Con l'aggravante che la via della fine dell'austerità nasconde, agli occhi degli elettori, i termini reali del problema, con l'intento evidente di salvare la classe politica eurista dal disastro. Insomma, evitare un "processo di €urinberga".

Abbiamo dunque un problema di "verità". La fine dell'austerità, come pure la proposta di Ferrero di "disobbedire ai trattati europei", sono parte di una strategia che mira a:
  1. farla finita con l'€uro dando la colpa alla Germania
  2. salvare il "mercato unico", vale a dire la libera circolazione di capitali, merci, servizi e persone. Cioè Maastricht.
Un mercato unico che costituisce l'interesse comune e prioritario del Capitale, sia dei paesi in surplus che di quelli in deficit. Che è anche ciò che vuole la potenza dominante, gli USA.

La frattura che si sta formando, in Italia, tra i sostenitori della sola uscita dall'euro (Lega Nord, Fratelli d'Italia, M5S, Tsiparioti) attuata per l'ambigua via della "disobbedienza ai trattati" o della "fine dell'austerità", e le forze del socialismo costituzionale (ARS, MPL e altri), prelude a un durissimo scontro di classe. I primi sono, chi più chi meno, i nuovi gattopardi; i secondi sono patrioti e socialisti che vogliono restituire al popolo italiano la sovranità effettiva che il lungo processo di integrazione liberista dell'Europa gli ha sottratto. Anche i metodi usati, dagli uni e dagli altri, denunciano questa diversità di fondo: gli uni vanno in televisione, gli altri, cioè noi, lavorano testardamente dal basso per costruire un nuovo CLN, formato da movimenti, che dovranno diventare nuovi partiti, ispirati alla nostra Costituzione tradita. I primi sono i "nuovi badogliani", noi siamo la "nuova resistenza".

Dice: la storia si ripete, la prima volta in tragedia, la seconda come farsa. Vero, ma che accade quando la farsa accade la prima volta? Settanta anni dopo la farsa della riconquistata libertà sotto l'ombrello dei bombardieri USA, la scelta giusta è quella di prendere l'unica cosa buona che riuscimmo ad ottenere, un pezzo di carta chiamato "Costituzione" (mai attuata) e farne la nostra bandiera per la tragica battaglia che ci attende.

La domanda è: cosa faranno i "badogliani"?

Sono un cattivo matematico?

Ho visto questo video:


(A Treviso, in una Piazza dei Signori strapiena di bandiere di San Marco, è stata proclamata la resurrezione della Serenissima Repubblica di Venezia. E' il risultato di un referendum convocato sulla rete da Plebiscito.eu. Ecco la lettura dei risultati, affidata ad Anna Durigon, la giovane di Zero Branco che un anno fa fece lo sciopero della fame per spingere Zaia a convocare il referendum indipendentista.)

Poi ho letto questo post (Le aziende “furbe”) di Roberto Nardella. Guardate il video e leggete il post di Nardella.
Poi mi sono lanciato in un ardito calcolo matematico: 2+2=4

La conclusione è: la Lega di Matteo Salvini vuole fare incetta di voti cavalcando il sentimento anti-€uro, ma il suo vero obiettivo è quello di rompere l'unità d'Italia!

Sono un cattivo matematico?

mercoledì 19 marzo 2014

Lettera ad Andrea Turriziani, consigliere comunale del PD a Frosinone

Il giovanotto che vedete nell'immagine è Andrea Turriziani (www.andreaturriziani.it), consigliere comunale del PD a Frosinone. Lo stesso partito dell'ormai famoso "piddino Benny" che tutti voi conoscete e del quale abbiamo particolarmente a cuore la sorte politica. Non perché ci auguriamo che Benny faccia carriera nel PD (giammai!), ma perché stiamo cercando di convincerlo ad abbandonare quel partito, ultraliberista e ultraeurista, prima che il suo onore di vecchio "compagno", rampollo di una famiglia di comunisti, venga definitivamente compromesso.

link correlato: Il salario variabile indipendente (video)

Andrea Turriziani, ex-UDC, ha pubblicato sul suo profilo FB la seguente tiritera:

«BASTA CON QUESTA SCEMENZA CHE L'INFLAZIONE CREEREBBE RICCHEZZA |
DOPO GLI ANALFABETI DI DIRITTO COSTITUZIONALE ADESSO ABBIAMO GLI ANALFABETI DI MATERIE ECONOMICHE.
UNA COSA E' LA POLITICA ECONOMICA UN'ALTRA E' LA POLITICA MONETARIA.
CAPRE CAPRE CAPRE.
SE ABBIAMO UNA CLASSE POLITICA CHE CON I SOLDI PUBBLICI CI COMPRA MUTANDE E VIBRATORI E' COLPA DELL'EURO?
SE ABBIAMO QUATTRO REGIONI IN MANO ALLA CRIMINALITA' ORGANIZZATA E' COLPA DELL'EURO?
SE LA CLASSE IMPRENDITORIALE VUOLE CONTINUARE AD ESSERE INEFFICIENTE SCARICANDO SULLA COLLETTIVITA' I COSTI E' COLPA DELL'EURO.
SE I NOSTRI GIOVANI NON VOGLIONO IMPARARE LE LINGUE STRANIERE E' COLPA DELL'EURO?
SE LE SIRINGHE AD AOSTA COSTANO UN QUARTO DI QUELLE SICILIANE E' COLPA DELL'EURO?
SE NON SAPPIAMO SPENDERE I FONDI COMUNITARI E' COLPA DELL'EURO?
SE C'E' UNA EVASIONE FISCALE GIGANTESCA E' COLPA DELL'EURO?
SE PREFERIAMO TASSARE I CITTADINI E ESENTARE LE SOCIETA' CHE GESTISCONO I GIOCHI E' COLPA DELL'EURO.
BENEDETTO EURO CHE CI OBBLIGA ALLA DISCIPLINA.
NO AL POPULISMO.
LIBERI E FORTI»

Benny mi ha fatto il piacere immenso di segnalarmela e, poiché oggi mi sento abbastanza cattivello, mi appresto a sbranare il giovane Andrea Turriziani.

Caro Andrea,

l'inflazione, cioè l'aumento medio dei prezzi, è come sai un fenomeno monetario inevitabile perché iscritto nei meccanismi stessi dell'economia di mercato. Dovresti anche sapere che il target di inflazione previsto nei trattati europei è il 2%, come pure che questo valore è considerato indice di "stabilità dei prezzi". Scendere al di sotto del 2%, come oggi accade in Europa (1,2%) e ancor più in Italia (0,7%), è molto pericoloso, perché si rischia la deflazione, cioè la diminuzione dei prezzi.

E' probabile che qualcuno dei poco informati commentatori del tuo post possa considerare una diminuzione dei prezzi come cosa auspicabile, ma sono certo che tu, che ti intendi di finanza, sappia bene che la deflazione è una bestia nera da evitare assolutamente. Lo stesso vale, ça va sans dire, per l'iperinflazione!

Cosa si deduce da ciò? Semplice: l'inflazione è un parametro che deve restare all'interno di un certo range. Se è troppo bassa si rischia la deflazione, o quanto meno una bassa crescita economica; se è troppo alta c'è il rischio che vada fuori controllo trasformandosi in iperinflazione.

Ma qual è il tasso ottimale di inflazione? Il 2% come dice Maastricht? O il 6%? O addirittura l'8%? E soprattutto: a chi conviene che l'inflazione sia vicina all'estremo inferiore del range, e a chi che sia vicina a quello superiore? Thi is the question!

L'inflazione, di per sé, non crea ricchezza reale, come pure la deflazione non la distrugge, se non nella misura in cui un'inflazione alta, poiché tende ad allargare la base produttiva, ha un effetto "inclusivo", mentre la deflazione, espellendo dal circuito economico, fa il contrario. In sostanza l'inflazione è un potente meccanismo redistributivo: dal capitale (e dalla rendita) al lavoro quando è alta, e viceversa quando è bassa. Non so se te lo hanno insegnato nella banca dove lavori, ma posso aiutarti con due grafici:

Lo vedi come la quota salari sul valore aggiunto tende ad aumentare quando l'inflazione è alta, per invertirsi bruscamente quando l'inflazione inizia a scendere? Ah, dettaglio: la risalita della quota salari dal 1999 al 2008 (e con bassa inflazione), è un regalino dell'euro: saliva sì, ma a debito (privato)! Ma questo è un altro discorso, sul quale torneremo se e quando necessario.

Non solo la quota salari mostra la deplorevole tendenza a scendere al calare dell'inflazione. Lo stesso accade per i salari reali (che è cosa meno ovvia di quanto possa sembrare a prima vista).
L'immagine successiva è eloquente. Lo vedi, caro Andrea, come la crescita dei salari reali comincia ad appiattirsi in perfetta corrispondenza con la diminuzione dell'inflazione? Cosa possiamo dedurre da ciò? Io direi che è ovvio: un tasso di inflazione tendenzialmente più alto favorisce il lavoro a scapito della rendita.

Dunque, la scelta del tasso di inflazione ottimale (nei limiti in cui la politica monetaria della Banca Centrale Nazionale può influire su questo parametro) è una scelta politica. Peccato che, in Europa, la BCE sia indipendente, cioè non risponde a nessun potere politico eletto!

Lo sapevi questo?  Sicuro che lo sai!

Procediamo.  Ti lanci in un'affermazione che trovo, consentimi, lievemente azzardata, allorché affermi che "UNA COSA E' LA POLITICA ECONOMICA UN'ALTRA E' LA POLITICA MONETARIA". L'affermazione in sé non è sbagliata, ma mi piacerebbe che la esponessi più in dettaglio, per cui, in attesa di conoscere meglio le tue opinioni in materia di politica monetaria ed economica, passo oltre. Va da sé che, quando e dove vuoi, possiamo discutere di questo in pubblico. Sarebbe ora che il tuo partito organizzasse, a Frosinone, una pubblica discussione su questi temi, ovviamente aperta alle voci critiche. Attendo fiducioso. Per il momento mi limito a sottoporre alla tua attenzione quest'altro grafichetto, che tu capirai senz'altro al volo:

Veniamo adesso agli aspetti più folcloristici del tuo grido di dolore, cioè alla tiritera "è colpa dell'euro se... è colpa dell'euro se... è colpa dell'euro se..." e via criccacastacorruzionando.

Ora io so che tu sei un ragazzo intelligente e, soprattutto, intimamente onesto, per cui vorrei da te una risposta alla seguente domanda: come mai nel 2008 la crisi ha colpito, contemporaneamente, paesi diversi e lontani geograficamente come l'Irlanda, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, l'Italia? Sono diventati tutti, improvvisamente, corrotti? Anche l'Irlanda, con un rapporto debito/PIL del 25%? Anche la Spagna, che lo aveva al 36%? E il Portogallo, che lo aveva di poco superiore alla casta e incorrotta Germania?

Noi lo avevamo un po' più altino, è vero, ma in calo costante da più di 15 anni. E allora? Un virus? Sì, sicuramente un virus...... che, temo, stia per colpire anche la Francia, dopo aver colpito la Finlandia (oh sì, la patria di Olli Rehn!), la Slovenia. E, naturalmente, Cipro. Resta la Grecia, a supportare la tesi della castacriccacorruzione... ma anche qui, volendo, ce ne sarebbero di cose da dire! A partire dall'aiuto che la solidaristica UE ha offerto...

Per non parlare del fatto che la Germania, prima dell'entrata nell'euro, era in costante deficit commerciale (vedi fig. 3), e noi in surplus. Anche in questo caso nel 1999 (in realtà dal 1996, quando cominciammo a rivalutare la lira per entrare) noi siamo diventati improvvisamente criccocorrotti e i tedeschi santi e virtuosi? Sono questi gli argomenti che usi con i tuoi clienti, caro Andrea? Gli fai i sermoncini moralistici? Non credo!

Però, quando parli di economia politica, ecco che diventi (questa volta sì "improvvisamente") un moralista fustigatore dei costumi italici. Sai una cosa, caro Andrea? A me viene un sospetto: che tu sia, semplicemente, schierato sulla parte opposta alla mia della barricata sulla quale si combatte oggi la lotta di classe. Mi dispiace che, da quella parte, ci sia ancora l'ingenuo Benny, ma ti capisco. Difendi, legittimamente, interessi di classe opposti a quelli che difendo io, con l'aggravante, non secondaria, che ti travesti da difensore dei lavoratori.

Non lamentarti, dunque, se ti ho strapazzato un po'. Pensa a quello che si fa, in guerra, ai nemici catturati che indossano, al posto della loro divisa, quella dell'esercito contro cui combattono. Diciamo che, oggi, sono stato abbastanza generoso, essendomi limitato a strapazzarti con tono bonario; ma, se continui a travestirti da "amico dei lavoratori", mentre fai gli interessi della rendita e del capitale, bada bene di non scrivere corbellerie. La prossima volta sarei spietato.

Postilla per i commentatori del tuo post che potrei aver offeso: cari commentatori, i casi sono due. O vi conviene l'inflazione bassa (addirittura la deflazione) e dunque l'euro, oppure vi conviene l'inflazione alta e l'euro vi va in culo. Nel primo caso siete "nemici di classe", e non me ne frega niente di avervi offeso. Nel secondo caso consentitemi di dirvi che non avete capito una ceppa. Dando ragione ad Andrea Turriziani fate due danni: il primo alla verità storica ed economica, il secondo ai vostri interessi personali e di classe. A voi consiglio, pertanto, di informarvi meglio, prima di cadere nelle trappole moralistiche del "nemico di classe".

Sotto-postilla: perché uso la dizione "nemico di classe"? Perché sono molto, ma veramente molto incazzato. Se almeno Benny capisse...

Il salario "variabile indipendente"

Conversazione con Piddu sui favolosi anni in cui il salario era una variabile indipendente dal ciclo economico.

lunedì 17 marzo 2014

Il «dubbio ambletico»

«Poltrona, o non poltrona» ("Sit in, or not sit in" nell'originale inglese) è una frase dell'Ambleto di Nick Wendoleare.
È una delle frasi più celebri della letteratura di tutti i tempi, ed è stata oggetto di numerosi studi e diverse interpretazioni. L'interrogativo esistenziale del sit in (poltrona) o not sit in (non poltrona) è alla radice dell'indecisione che impedisce ad Ambleto di agire (il famoso «dubbio ambletico»). Spesso è stato associato all'idea del suicidio.

«Poltrona, o non poltrona, questo è il dilemma:
se sia più nobile nell'urne soffrire
gli artifici e gli inganni dell'oltraggiose formazioni
o prender partito contro un mare di affanni
e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un fogno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la finiftra: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse fognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali fogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo euro mortale
deve farci esitare. È questo lo scrupolo
che dà alla finiftra una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del popolo,
il torto del populista, la contumelia dell’uomo superbo,
gli spasimi del Fiscal Compact, il ritardo della legge di Say,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice deficit? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo l'euro,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
La sporca coscienza ci rende tutti codardi,
e così il rosso colore della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.»

domenica 16 marzo 2014

COMUNICATO DELL’ARS SULLE ELEZIONI EUROPEE

proclamaDefinitivo
Elezioni europee: la caricatura di una democrazia!
Se la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi (si spera) allora un confronto elettorale è come una battaglia. Le prossime elezioni europee sono una battaglia politica che è sbagliato affrontare perché:
  1. Incoerente, in quanto accettando il confronto elettorale sul piano europeo si legittima un’istituzione che è necessario distruggere per riconquistare la piena sovranità.
  2. Inutile, dal momento che il Parlamento Europeo è un’istituzione priva di poteri e inutilizzabile per modificare i trattati inter-statali che hanno istituito l’Unione Europea.
  3. Ingannevole, poichè imporrebbe il sostegno a forze screditate (Lega), pavide (Tsipras) o furbescamente contradditorie e ambigue (M5S).
Per queste ragioni l’Associazione Riconquistare la Sovranità (ARS), pur riconoscendo lo slancio ideale (ma anche l’ingenuità) di quanti scelgono di tentare l’impossibile impresa di sconfiggere l’euroliberismo accettando le regole che esso stesso ha stabilito, ha scelto una strategia diversa. Per l’ARS l’Unione Europea è un nemico che ha invaso i sacri confini della Patria, anche facendo leva sull’oligarchia globalista nazionale e infiltrando, per tempo e con sopraffina abilità, le nostre stesse Istituzioni di governo.
Noi dobbiamo respingere l’invasione senza tentennamenti e senza nulla concedere alle istituzioni che il nemico ci ha imposto, mobilitando le forze popolari e le migliori risorse spirituali della nazione nella lotta di liberazione che deve avere inizio.
L’ARS è convinta sostenitrice della necessità di costituire un Fronte di resistenza e solidarietà del popolo italiano, nel quale siano chiamate a raccolta tutte le forze politiche e ideali che riconoscono l’inevitabilità della lotta per la riconquista della piena sovranità nazionale, che è politica, culturale, economica, militare, alimentare.
Se ti asterrai, o voterai scheda nulla o restituirai la scheda, considerando le elezioni europee una battaglia incoerente, inutile e ingannevole, fai già parte del Fronte di resistenza e solidarietà del popolo italiano!
Sostieni la nostra campagna, diffondi questo comunicato, inizia a militare nell’ARS. Non verrà a salvarci nessuno, dovremo salvarci da soli. Viva l’Italia e la sua Costituzione!
Ci libereremo!

sabato 15 marzo 2014

L'economia politica è una scienza nomotetica o idiografica?

"In Storia e scienza della natura (1894) Windelband distingue le scienze in nomotetiche (dal greco nómos e thetikós: «che stabilisce leggi») e idiografiche (dal greco ídios e graphikós: «che descrive il particolare»: le prime sono le scienze della natura che, descrivendo fenomeni che si ripetono esattamente nelle stesse condizioni, possono formulare «leggi» generali, mentre le seconde sono le scienze storiche che, studiando fenomeni che accadono una volta sola, unici, non ripetibili e particolari, non formulano leggi generali, ma esprimono «figure» individuate dal loro «valore» (v. ad esempio Immagine idiografica), perché «solo ciò che è unico ha valore»".

Secondo me l'economia politica è una scienza idiografica... che per necessità ci sforziamo di considerare nomotetica. Tutta colpa del rapporto incestuoso tra la parolina "economia" e la parolina "politica". Per meglio dire: una scienza nomotetica dal passato fino all'istante "adesso", idiografica da "adesso" in poi.

Specifico meglio: ciò che accade qui ed ora è unico; solo dopo che è accaduto (solo dopo) diventa un dato che è possibile utilizzare in una filosofia della storia. Tirremm'innanze!

La domanda angosciosa

L'articolo 1 della Costituzione, che recita "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione" ci dice due cose:
  1. Il lavoro è un diritto
  2. La sovranità appartiene al popolo
Il lavoro è un diritto, dunque, e non una merce. Se c'è un diritto, ciò significa che esiste un dovere, che è quello di promuoverne l'effettiva disponibilità, e tale dovere ricade sulle Istituzioni, sui partiti politici e, a cascata, su tutti i cittadini.

Per la Costituzione è il lavoro ad essere un diritto, non il reddito! Con buona pace del peracottaro.

Sappiamo anche che, per assicurare il diritto al lavoro, è necessario mettere in campo politiche attive, perché esso è un bene scarso o può diventarlo in alcune circostanze.

Dobbiamo anche domandarci perché ciò possa accadere (e accade) perfino quando il reddito complessivo è grande. Addirittura non in condizioni di scarsità di mezzi e risorse, ma di sovrapproduzione.

I fatti dimostrano quello che lo stesso Adam Smith aveva capito, cioè che la libera iniziativa degli agenti economici, ognuno proteso alla massimizzazione del proprio profitto, non è sufficiente per garantire prosperità e inclusione. E' necessaria l'azione di un soggetto che possa operare al di fuori dei meccanismi economici, svincolato cioè dalla necessità contabile di generare profitti. Questo soggetto è lo Stato

Lo Stato deve essere democratico, non perché così vogliono le "anime belle", ma per necessità insita nell'obiettivo di perseguire l'abbondanza del lavoro. L'azione riequilibratice dello Stato, infatti, è di natura redistributiva. Ribadisco ancora, tuttavia, che non è opportuno che ciò avvenga agendo direttamente sul reddito, ad esempio con strumenti come il "reddito di cittadinanza", perché ciò avrebbe, come inevitabile conseguenza, la cristallizzazione dei rapporti economici, sociali e, in ultima analisi, di potere politico. 

La scarsità del lavoro dipende sia dal fatto che chi possiede molti capitali ha una propensione al risparmio maggiore di chi ne ha meno, sia e soprattutto perché è disposto a investirli solo se può trarne un profitto che giudica conveniente. Quando così non è, i possessori di capitali tendono a tesaurizzarli in attesa di tempi migliori.

Lo Stato italiano, prima della controriforma liberista, disponeva di quattro efficaci strumenti per contrastare questa naturale dinamica del mercato: la leva fiscale, il debito pubblico, la monetizzazione, la leva del cambio.

  1. Un'imposizione fiscale molto più progressiva dell'attuale raccoglieva una frazione del reddito nazionale per destinarla ad opere e servizi pubblici, la cui implementazione contribuiva al sostegno della domanda aggregata. Ovvero, se non investiva il capitale privato ci pensava lo Stato. Ciò implicava una continua e crescente presenza dello Stato in numerosi settori economici che venivano, così, sottratti all'iniziativa e al profitto privato.
  2. Il debito pubblico, emesso con tassi di interesse reale di limitata entità, quando non addirittura negativi, intercettava una parte del risparmio nazionale, che lo Stato italiano utilizzava per sostenere la domanda aggregata attraverso l'erogazione di servizi di natura sociale. Anche questa circostanza non suscitava l'entusiasmo dei capitalisti, i quali lamentavano la distorsione (a sentir loro) del mercato finanziario.
  3. La monetizzazione consisteva nella semplice emissione di nuova moneta (il click del mouse) da parte della Banca d'Italia, senza che lo Stato dovesse preoccuparsi di pagare interessi.
  4. La leva del cambio permetteva alle autorità monetarie di favorire le esportazioni e scoraggiare o rendere meno onerose le importazioni, ad esempio giocando al rialzo nei confronti del dollaro (con cui pagavamo le importazioni, soprattutto materie prime) e al ribasso nei confronti dei nostri concorrenti commerciali, in primis la Germania.
Il quadro era completato dal fatto che la Banca Centrale Nazionale (la Banca d'Italia) "eseguiva" gli ordini del "Tesoro", cioè dell'autorità politica, nonché da severe restrizioni ai movimenti di capitali, merci (ad esempio dazi), servizi e persone

A vigilare su tutto ciò i Padri Costituenti avevano posto un potere indipendente, la Magistratura, dotata di un organo di autocontrollo e presieduta dal Presidente della Repubblica. Il quale aveva poteri molto inferiori a quelli che, nel tempo, gli sono stati concessi, in spregio alla lettera e allo spirito della nostra Carta Costituzionale.

Ogni sincero democratico dovrebbe riflettere a fondo su questi punti. A titolo esemplificativo osserviamo come, a partire da una Banca Centrale Nazionale sottoposta al controllo politico e da una Magistratura indipendente, siamo oggi nella situazione di una Banca Centrale indipendente con una Magistratura di fatto controllata dal potere politico. Abbiamo inoltre una Banca Centrale Europea (ovviamente "indipendente") rispetto alla quale la Banca d'Italia è ridotta al rango di una filiale.

Il processo di stravolgimento del modello di società sancito nella Costituzione si è svolto nell'arco di un ventennio. Le principali tappe sono state:

  1. L'adesione al Sistema Monetario Europeo (SME) nel 1979
  2. Il divorzio Tesoro-Banca d'Italia nel 1981
  3. La revisione della normativa sulla circolazione dei capitali, culminata nel 1993 con la ratifica del trattato di Maastricht
  4. L'adozione della moneta unica, preceduta da rivalutazione della lira operata a partire dal maggio 1996 (2285,75 £/ECU) fino al rapporto con cui entrammo nell'euro (1936,27 £/€) il 1 gennaio 1999. Una rivalutazione del 15% in due anni e mezzo che avrebbe avuto, fin da subito, severe conseguenze per il nostro paese.

Lo SME


Con l'adesione allo SME si inaugurava la stagione dei tentativi di adottare un cambio fisso con le principali monete europee. La logica era quella secondo cui le nostre imprese, non potendo più svalutare per restare competitive, sarebbero state costrette a diventare "virtuose". Insomma un "vincolo esterno", il solo capace, secondo il tafazzanismo propalato a piene mani da giornali ultraliberisti come "Repubblica", di disciplinare gli italiani. Lo SME aveva, almeno, il pregio di essere un accordo di cambi fissi ma aggiustabili, nel senso che le diverse monete potevano non solo fluttuare entro un intervallo predeterminato, ma, quando era necessario, le parità relative venivano aggiustate per adattarle alle differenti dinamiche di crescita dei paesi aderenti. Cosa che in effetti avvenne numerose volte. Nel settembre del 1992, meno di due anni dopo che l'Italia era entrata nella banda di oscillazione "stretta" al 2,25% (prima avevamo adottato una banda "larga" del 6%), l'insostenibilità per l'economia italiana di mantenere un cambio sopravvalutato rispetto alle sue esigenze costrinse le autorità monetarie a uscire dallo SME, svalutando la lira (cioè riallinenando il cambio della lira agli effettivi valori di mercato) del 18%. Ciò nonostante, come abbiano già visto, poco più di tre anni dopo le autorità monetarie iniziarono una politica attiva di rivalutazione della lira, al fine di entrare nell'euro con una moneta forte.

Prima di procedere ad una valutazione politica delle ragioni che hanno spinto il fronte moderato italiano, nel quale possiamo, a ben diritto, iscrivere soprattutto il PD con tutte le sue diverse sigle, come pure il partito di Berlusconi, la Lega e tutti gli altri, con la sola iniziale eccezione di Rifondazione Comunista e del Movimento Sociale Italiano, è necessario fornire alcune informazioni aggiuntive.

Il tasso di cambio di una moneta (ad esempio quante lire servivano per acquistare un marco) è fortemente legato all'inflazione, cioè all'aumento dei prezzi nominali interni. Quando i prezzi nominali, in un paese, crescono più che in un altro paese, ad esempio a causa delle richieste di aumenti salariali, anche i costi nominali di produzione aumentano. Questo fatto causa una diminuzione delle esportazioni, che si riflette in una svalutazione della moneta. In parole povere, la svalutazione della moneta equivale a una redistribuzione dei costi da pagare, per una perdita di competitività, tra tutte le classi sociali: gli imprenditori, i salariati, i detentori di capitali. Ora una perdita di competitività può dipendere sia dalle crescenti richieste salariali, sia da altri fattori: incapacità delle classi dirigenti di fare una buona politica industriale, limiti della classe imprenditoriale, litigiosità politica e altro. Nell'un caso come nell'altro, la partita si gioca sul "chi paga". In definitiva, la flessibilità del cambio consente le rivendicazioni salariali (non c'è un "vincolo esterno" che imbriglia i sindacati) e costringe le classi dirigenti e imprenditoriali a pagare in prima persona gli errori da esse commessi.

Con l'adesione allo SME è come se le classi dirigenti e imprenditoriali italiane si fossero dette: "leghiamoci le mani con il cambio fisso, così gli operai dovranno star buoni (non si può svalutare, per cui se chiedi troppo devo licenziarti, e magari chiudere), e inoltre costringiamo noi stessi ad essere migliori, perché non possiamo più salvarci con la svalutazione". Due piccioni con una fava: tener buoni i lavoratori e adottare in un meccanismo coercitivo che avrebbe dovuto selezionare meglio la classe dirigente e imprenditoriale domestica.

Poteva funzionare? Ai posteri l'ardua sentenza... ma i "posteri" siamo noi, e sappiamo che non ha funzionato. Eppure questa visione fu condivisa da tutte le forze politiche. Non ci inganni il fatto che, nella discussione sull'entrata nello SME (dicembre 1978), i socialisti si astennero e i comunisti chiesero e ottennero lo scorporo in tre parti del provvedimento, votando contro solo relativamente all'entrata immediata nello SME. Nei fatti l'opposizione delle forze di sinistra divenne, negli anni successivi, sempre più evanescente (esempio: l'abolizione della scala mobile a metà degli anni ottanta). La verità è che la sinistra italiana, mentre a parole continuava una polemica di facciata con le forze manifestamente moderate, nei fatti aveva sposato la cosiddetta "cultura della stabilità".

Il divorzio Tesoro-Banca d'Italia


Se l'adesione allo SME può essere considerato un tentativo fallimentare di modificare gli indirizzi di politica economica, sia pur giocato sulla pelle dei lavoratori e con la compiacente complicità delle forze della sinistra italiana, il divorzio Tesoro-Banca d'Italia fu un vero golpe. Passato quasi sotto silenzio (una tecnica che, negli anni successivi, è diventata usuale) e senza nemmeno una discussione parlamentare, il divorzio modificò radicalmente la natura del debito pubblico, trasformandolo da strumento di tesaurizzazione del risparmio degli italiani in un infernale meccanismo di redistribuzione dei redditi, dal lavoro alla rendita. Prima del divorzio lo Stato raccoglieva il risparmio nazionale offrendo da un lato interessi reali molto bassi, se non addirittura negativi, dall'altro uno strumento sicuro per "spostarlo al futuro". Sicuro perché, di tutti gli strumenti disponibili per tutelare il risparmio, i titoli di Stato erano quelli a più basso rischio. Anzi, erano considerati del tutto privi di rischio. Ciò era possibile perché il tasso di interesse veniva fissato d'autorità dal Tesoro e, quando la raccolta non era sufficiente, la Banca d'Italia era costretta ad acquistare i titoli invenduti stampando moneta. Un'evenienza, quest'ultima, che si era verificata in pochissime occasioni e per importi limitati. Il divorzio consistette in un accordo privato tra il ministro del tesoro Andreatta e il governatore della Banca d'Italia Ciampi, avvenuto per tramite di uno scambio epistolare, in virtù del quale la Banca d'Italia veniva esentata, a partire dal luglio 1981, dall'obbligo di acquisto dei titoli di Stato invenduti. La notizia passò del tutto inosservata, e se ne sarebbe riparlato solo dieci anni dopo, nel luglio del 1991, allorché Andreatta scrisse una lettera pubblica nella quale tentava di giustificare quella decisione. Lo faceva perché, nel frattempo, il debito pubblico era lievitato enormemente, proprio a causa degli interessi crescenti che il tesoro doveva offrire per vendere i suoi titoli. Senza la "minaccia" di riacquisto alle condizioni stabilite dal venditore (il tesoro), erano i compratori a fare il prezzo. La situazione si era vieppiù complicata perché, nel corso degli anni ottanta, si era messo in moto il processo di revisione normativo sulla circolazione dei capitali. Era ormai il mercato ormai, e non solo quello nazionale, che "faceva il prezzo"! La conseguenza era stata l'esplosione del rapporto debito/PIL che, in soli dieci anni, era raddoppiato.

Il governatore in trincea


Un anno dopo la pubblicazione della lettera di Andreatta, il suo degno sodale dei tempi del "divorzio", Carlo Azeglio Ciampi, avrebbe dilapidato tutte le riserve in valuta della Banca d'Italia nel tentativo di mantenere un rapporto di parità della lira nello SME insostenibile per l'Italia. Una linea di condotta, quest'ultima, che ha lasciato molti dubbi, non ancora del tutto chiariti.

Riepiloghiamo brevemente i fatti. Il 1 gennaio 1990 la lira aveva abbandonato la banda di oscillazione "larga" al 6% per adottare quella "stretta" al 2,25%. La decisione, adottata contestualmente a una lieve svalutazione della nostra parità, era stata salutata con squilli di tromba: l'Italia ce l'aveva fatta! Eravamo entrati nel club esclusivo dei "paesi seri", quelli capaci di avere una moneta stabile. Le cose, però, non andarono per il verso giusto: trimestre dopo trimestre l'economia italiana cominciò a dare segni di cedimento, finché apparve a tutti evidente che la parità della lira nello SME non era sostenibile. Colui che doveva prendere la decisione era carlo Azeglio Ciampi. Ora gli scenari possibili sono due, e solo due.

Scenario 1: Carlo Azeglio Ciampi ha preso la decisione sbagliata.  Nella speranza che le tensioni al ribasso sulla lira si sarebbero placate, Ciampi impiegò tutte le riserve valutarie (marchi, dollari etc.) per acquistare lire sul mercato, così da mantenerne il tasso di cambio ancorato alla parità nello SME. Purtroppo, un brutto giorno, le riserve valutarie finirono e... l'eroico governatore dovette arrendersi: contrordine caballeros! Usciamo dallo SME e svalutiamo. Onorificenze e giusto premio per l'arzillo ed eroico governatore... che infatti divenne Presidente della Repubblica.

Scenario 2: ...ah..., questa è una cosa completamente inventata, uno sciocco esercizio di stile di un povero professore di campagna. Diciamo però che, forse, qualcuno che aveva in cassaforte un bel po' di lire fosse preoccupato per l'inevitabile imminente uscita dallo SME con conseguente svalutazione. Diciamo che questo qualcuno aveva un problema: a chi sbolognare quelle lire? Ovviamente al tasso di cambio fissato dalla parità nello SME...?

Ora, io sono un buon cittadino, e allo scenario 2 proprio "non ci posso credere". Ripeto e ribadisco: "non ci posso credere"! Letterale...

Sia come sia, una cosa è certa: le riserve valutarie, frutto del lavoro degli italiani, si volatilizzarono nell'eroica battaglia del Governatore in difesa della parità nello SME. E più non dimandate.

Maastricht


Il trattato di Maastricht è l'Unione Europea. Vale anche il contrario: l'Unione Europea è il trattato di Maastricht. Avevamo svalutato, è vero, e avremmo continuato a farlo fino al 1996, ma che importanza aveva? Tutto era stato già fatto e deciso: liberalizzazioni, privatizzazioni, indipendenza delle Banche Centrali, mancava solo di raccogliere le imponenti modifiche normative realizzatesi in Italia e in Europa in un bel trattato conclusivo, e il gioco era fatto. E naturalmente scrivere la road-map per la realizzazione dell'unione monetaria.

Questo articolo di Repubblica scritto dopo la ratifica parlamentare del 30 ottobre 1992 (sarebbe entrato in vigore il 1 novembre 1993) è illuminante. Eccone alcuni stralci:

  • Il risultato finale del voto alla Camera (403 voti favorevoli, 46 contrari e 18 astenuti) è stato giudicato "incoraggiante" dal ministro degli esteri Emilio Colombo, anche se l' esito positivo era ampiamente scontato, dopo che anche la Lega si era pronunciata a favore dell' Europa.
  • La parola ' Maastricht' , era difficile da captare nell'aria, mentre è stato possibile cogliere al volo un "ma che si vota oggi?"
  • ancora ieri, durante l' intervento di Colombo, il presidente della Camera Giorgio Napolitano ha dovuto richiamare più volte gli onorevoli per permettere al ministro di proseguire: "Colleghi, vi prego, riducete il vostro brusio"
  • Il governo ha respinto anche tutti gli ordini del giorno che comportavano emendamenti o "riserve" sul trattato che va "approvato o respinto così com'è" come ha spiegato anche il presidente della Camera Giorgio Napolitano. 
  • I Verdi si sono poi astenuti nel voto finale (altrettanto ha fatto la Rete) perché chiedono un maggiore impegno sulla democratizzazione della Comunità. Contrario il Msi: "Il trattato è un mostriciattolo giuridico e costituzionale che non salvaguarda gli interessi nazionali", ha detto Mirko Tremaglia.
  • E anche Rifondazione comunista: "Nasce un' Europa autoritaria decisa dalle banche centrali e dalle stutture militari"
  • Il gruppo di Marco Pannella, in nome di Altiero Spinelli, non se l' è sentita di votare contro né di astenersi. Ma ha lasciato in aula un solo deputato a votare a favore.
  • Infine i deputati 'pacifisti' del Pds che hanno parecchie riserve sul trattato, si sono riconosciuti nella "sofferta decisione" di approvare annunciata dal capogruppo D' Alema.
Caso o disgrazia, il 7 febbraio 1992 il trattato (che doveva ancora essere ratificato dal Parlamento) era stato firmato dai negoziatori italiani. Appena dieci giorni prima che il "mariuolo" Mario Chiesa venisse pizzicato con le mani nel sacco dando così inizio alla stagione di mani pulite. Insomma, il più importante trattato dalla nascita della Repubblica Italiana, un trattato che faceva strame della Costituzione della Repubblica Italiana, veniva soppesato, discusso e approvato da una classe politica investita dal più grande scandalo della storia repubblicana. Uno scandalo che, con il senno di poi, e alla luce di ben altri saccheggi perpetrati ai danni della collettività dopo il cosiddetto repulisti, ci appare modesto sia per quanto riguarda le cifre in gioco che per i reati effettivamente contestati. Nella sostanza, i politici della cosiddetta prima Repubblica rubavano per finanziare i propri partiti, e nulla più, eppure intorno a questo reato venne montata una caciara mediatica senza precedenti.

L'Unione Europea oggi


Riassumendo: la storia della partecipazione dell'Italia alla cosiddetta unificazione europea inizia con un cambio del regime di politica economica contrario agli interessi del mondo del lavoro (lo SME); continua con un golpe (il divorzio) che introduce il concetto di Banca Centrale indipendente; passa per una radicale modifica, in senso liberista, del regime di circolazione di capitali, merci, servizi e persone; culmina nella ratifica dell'iperliberista trattato di Maastricht mentre nel nostro paese infuria uno scandalo che travolge la classe politica che aveva governato il paese per trenta anni; infine, e questa è storia di oggi, dopo soli nove anni dall'introduzione della moneta unica, l'Unione Europea viene investita dai contraccolpi della crisi dei subprime americani, che trascina l'intero continente in una crisi asimmetrica che è ormai peggiore di quella del 1929.

La domanda angosciosa


Nel pieno di questa crisi milioni di cittadini scoprono che le uniche cose che sono state "unificate" sono la moneta e i mercati, non i diritti. Questi, al contrario, vengono sacrificati senza batter ciglio. Ciò nonostante, un giovanotto greco di nome Tsipras riesce a sbarcare in questo paese e a proporsi come candidato di una lista "di sinistra" che vuole salvare l'euro. La domanda che sorge spontanea è: come è possibile ciò?

la domanda è angosciosa. Come è possibile che tante persone che ho frequentato per anni, considerandole intelligenti, colte, per bene, siano così incapaci non dico di capire quello che ho tentato di raccontare in questo post, ma almeno di avere qualche dubbio? Qualche curiosità? Come è possibile, ad esempio, che nessuno dei tanti amici di sinistra che ho frequentato per anni sia disposto a confrontarsi seriamente su questi temi? Perché non vengono agli incontri che organizziamo per spiegare queste cose? Perché non sono loro stessi a organizzarne?

Sono degli idioti completi, o sono venduti? O sono l'uno e l'altro? E in tal caso, se sono idioti e venduti, chi sono io che ho frequentato idioti e venduti per tanti anni?

Questa domanda mi riempie di angoscia, e mi fa dubitare di me stesso.

venerdì 14 marzo 2014

La griglia


Tanti anni fa, era credo il 1999, nella scuola nella quale insegnavo fu organizzato un incontro con alcuni formatori. Il tema era l'imprenditorialità giovanile. Ero in classe ad insegnare ai miei giovani virgulti il concetto di retroazione negativa, quando entrò una bidella (oops... collaboratrice scolastica) per annunciare l'obbligo di trasferirci in aula magna per partecipare all'incontro.

Due giovanotti, un uomo e una donna, ci intrattennero per un paio di ore parlando del fatto che, negli anni a venire, non ci sarebbe più stato il "posto fisso", né in fabbrica né nello Stato; e dunque che, per avere un lavoro, i miei studentelli avrebbero dovuto diventare "imprenditori di sé stessi".

Al termine, i due giovanotti invitarono i presenti ad intervenire.

Silenzio di tomba

Alzai la mano e chiesi la parola. Mi rivolsi ai giovanotti, alla platea degli studenti e ai colleghi che li accompagnavano, e pronunciai, più o meno, le seguenti parole:

"Viviamo in una società che è detta capitalistica. Questo significa che, per essere imprenditori, ci vogliono dei capitali. I nostri studenti sono, nella maggioranza dei casi, figli di operai che non hanno capitali. Chi darà a questi ragazzi i capitali per avviare un'impresa?"

Silenzio di tomba

mercoledì 12 marzo 2014

Citizen Arnold

Anche i redattori di "provincia", nel loro piccolo, si incazzano!

I guai sono cominciati quasi un anno fa allorché, nell'ambito di un'indagine sui contributi all’editoria, Arnaldo Zeppieri fu denunciato per truffa.

Arnaldo Zeppieri è uno dei più grandi imprenditori della provincia di Frosinone, forse il più grande, protagonista, negli anni della seconda consiliatura Marzi, di vicende legate allo sviluppo urbanistico del capoluogo ciociaro che suscitarono una forte, quanto minoritaria, opposizione.

In prima fila, ad appoggiare i project-financing proposti da Arnaldo Zeppieri, c'era l'allora sindaco Memmo Marzi, coadiuvato dal suo braccio destro Danilo Giaccari, attualmente indagato per la vicenda Forum.

Fondamentale, per la conquista del consenso politico necessario al buon fine delle operazioni urbanistiche, è stato il contributo dei mezzi di informazione controllati da Arnaldo Zeppieri. Soprattutto il quotidiano "La Provincia", distintosi per anni nell'appoggiare, in modo del tutto acritico, le iniziative del patron, senza mai dare voce a coloro che si opponevano.

Nel video los Calimeros si schierano, comunque e pregiudizialmente, dalla parte dei lavoratori che rischiano il posto, anche di quelli che maggiormente si sono distinti nell'esporre esclusivamente le ragioni di Arnaldo Zeppieri. Nell'augurare un felice esito della vicenda lavorativa, los Calimeros auspicano che gli amici della redazione de "La Provincia" sappiano trarre, per il futuro, preziosi insegnamenti da quanto sta accadendo. La forza dei lavoratori dell'informazione sta nel saper difendere la propria autonomia redazionale.

Dalla Mancia con furore

Alcuni cavalieri della Mancia (il sottoscritto, Giuseppe e Simone) hanno fatto visita ai cavalieri dell'Illinois, in quel di Perugia domenica scorsa 9 marzo 2014. Ne abbiamo già dato conto nel post precedente (La sinistra NO EURO e l'ARS) pubblicando il video di Ugo Boghetta e una dichiarazione del sottoscritto. Prima di montare e pubblicare il video del dibattito successivo all'intervento di Boghetta, ho deciso di pubblicare quello di Luigi Nanni.

Voi direte: e chi è 'sto Luigi Nanni?

Beh... Luigi Nanni è uno che, se lo stai ad ascoltare, ti lascia a bocca aperta. Devi solo essere capace di andare oltre la prima superficiale impressione, prodotta da un modo di parlare popolano e senza alcuna concessione al vezzo narcisistico di atteggiarsi a intellettuale. Fatto questo, rimarrete sorpresi.

Il titolo del post (e del video) allude, come sanno coloro che ci seguono, al furore suscitato dagli epiteti con cui noi di ARS, e i compagni di MPL, siamo designati da un cavaliere "di corte". Noi, che siamo cavalieri "erranti"... (nel doppio senso, ovviamente!), agli epiteti del cavaliere "di corte" ci teniamo perché, sebbene "di corte", ne riconosciamo il valore. Nulla dà più onore e gloria, ai cavalieri "erranti", che l'avere grandi avversari!

lunedì 10 marzo 2014

La sinistra NO EURO e l'ARS

Ho partecipato, con altri soci dell'ARS, all'incontro con Ugo Boghetta (PRC) organizzato dal Coordinamento della sinistra contro l'euro, a Perugia il 9 marzo 2014. Ecco l'intervento di Ugo Boghetta, uno degli esponenti (tra gli altri Mimmo Porcaro) della minoranza del PRC favorevole all'uscita dall'euro.


Dopo la prolusione di Boghetta si è acceso un interessante dibattito (il video sarà pubblicato nei prossimi giorni). 

In chiusura ho preso la parola per esporre, sinteticamente, la posizione dell'ARS sulle prossime elezioni europee.


Ci libereremo!

sabato 8 marzo 2014

MOVie story (1) - Marco Fascina, Carlo Reggiani, Alessandro Di Battista

Mi ha scritto, qualche giorno fa, Marco Fascina del M5S (conosco Marco dal lontano 2008, quando ero anch'io un attivista del M5S), chiedendomi notizie di un video che avevo caricato su YT. Era il giugno del 2008, a Ostia, e in quell'occasione Marco Cascina (Vicenza) e Carlo Reggiani (Villafranca di Verona) avevano proposto, per la prima volta, il nome "cinque stelle" per il movimento di Beppe Grillo.

Ecodellarete c'era!

Vabbè... vado in un sacco di posti, faccio cose, incontro tanta ggente... mi sono imbattuto perfino in un crotalo!

Allora sono andato in cantina alla ricerca dei vecchi hard-disk... e che ti trovo? Decine e decine di filmati dei primi tempi del M5S che, a quei tempi, avevamo messo su un nostro server (YT muoveva i primi passi, come pure la blogosfera) e poi rimosso per gli eccessivi costi.

Ovviamente il vostro umile cronista, tanto per non smentirsi, frequentava soprattutto gli "eretici" del MOV (all'epoca si chiamava così), tutta gente che è finita ai margini quando il MOV è diventato M5S. Eppure il nome, M5S, è venuto fuori proprio grazie agli "eretici"! I casi (o i cazzi?) della vita?

Ecco dunque a voi il video nel quale Marco Fascina propone, per la prima volta, la denominazione "cinque stelle" per il movimento di Grillo. Era il 28 giugno 2008, a Ostia. A seguire una chicca: il senatore del M5S Alessandro Di Battista al linux club del Testaccio, il 18 gennaio 2008.

Ho intenzione di ripubblicare, con calma e "quanno e come me pare", tutti i "vecchi" filmati dei tempi eroici del MOV. Tenete sempre presente che il vostro umile cronista ha sempre avuto un debole per i dissidenti... sempre, ma proprio sempre. Pertanto la maggior parte dei personaggi che vedrete, nelle prossime settimane nei video che ri-pubblicherò, erano i migliori e i più intelligenti... e ovviamente non stanno in parlamento. Ma questa è solo la mia opinione...


venerdì 7 marzo 2014

La democrazia spiegata ai grillini (ovvero: l'importanza dell'élite neutronica)

Una società è democratica nella misura in cui è giusta, non giusta nella misura in cui è democratica.

L'amico Sam ha commentato un video su youtube: "fiorenzo ma che problemi hai con la democrazia?". Credo che Sam sia un grillino, o almeno un simpatizzante del m5s, e penso che sia risentito perché, nel video, io e l'amico Claudio abbiamo sostenuto che la diretta streaming dell'incontro tra la delegazione di Renzi e guella del m5s (che ne aveva fatto richiesta) fosse pura propaganda, e non avesse nulla a che vedere né con la trasparenza né con la democrazia. Non ho risposto a Sam sulla chat di youtube perché mi ripromettevo di farlo, argomentando con maggior profondità, in un articolo.

Si è affermata, negli ultimi decenni, un'idea di democrazia che è, nello stesso tempo, nuova e nostalgica. L'assunto di base è che la democrazia sia partecipazione, come recitava un verso di una popolare canzone di Giorgio Gaber di tanti anni fa. Da qui tutto un fiorire di suggestioni: la democrazia partecipata, la democrazia diretta, la rete come strumento di partecipazione. Il fine ultimo: la creazione di una società di liberi e uguali attraverso gli strumenti formali della democrazia partecipata e/o diretta. 

Credo che le parole di Giorgio Gaber siano state oggetto di un singolare rovesciamento dei termini del problema, che oggi viene posto nel seguente modo: poiché questa non è una società di liberi e uguali, cioè non vi è uguaglianza sostanziale, allora dotiamoci di strumenti democratici che siano in grado di promuovela. Questo è un ossimoro.

Io penso che la democrazia, la vera democrazia, sia possibile solo quando esiste già una società di "eguali e liberi", e che la partecipazione di tutti gli "eguali e liberi" sia necessaria per conservarla, ma illudersi di promuoverla attraverso l'adozione di strumenti formali sia prova di ingenuità da parte di chi crede a questa possibilità, e un atto dubbio da parte di chi la prospetta. Io penso, caro Sam, che quando non c'è una società di liberi e uguali, il vero, effettivo, sostanziale, unico possibile accidentato percorso che può (forse) condurre alla sua conquista, sia la lotta di classe. La quale può svilupparsi in forme diverse che, talvolta, sono state quelle che ha assunto nel mondo occidentale (sia nell'antichità che in tempi recenti a partire dalla rivoluzione francese) che noi chiamiamo "democrazia"; ma si tratta, per l'appunto, di un "percorso", non di un risultato acquisito e duraturo. 

La lotta di classe è la politica. La lotta di classe esiste in quanto non esiste (e chissà mai se esisterà) un mondo di liberi e uguali. Ma la lotta di classe, in quanto conflitto tra interessi diversi e contrapposti, esige che questi si organizzino, come pure che ciò avvenga attraverso l'adozione di forme di confronto/scontro che non siano distruttive per la società nel suo insieme. Tali forme, nella storia dell'umanità, sono state le più diverse, e solo in alcuni casi, in esse, è stato importante lo strumento del voto, inteso come momento di conta delle opinioni di tutti i cittadini. E' pur vero che i rappresentanti delle organizzazioni che difendevano gli interessi popolari hanno spesso considerato il suffragio universale come un metodo ad essi favorevole, ma sostenere che esso sia sempre lo strumento più valido per assicurare la loro difesa è già un'imprecisione. Se a ciò si aggiunge l'idea che il suffragio universale possa, se correttamente e onestamente implementato, rimuovere la necessità che gli interessi popolari si dotino di organizzazioni politiche, che è per l'appunto il sogno dei "democratici diretti", allora scadiamo nell'infantilismo. Ci si illude, cioè, di adottare come metodo quello che è, in realtà, l'obiettivo finale.

Ne abbiamo prova quando constatiamo che le classi dominanti non hanno mai, e sottolineo mai, rinunciato ad organizzarsi e a coordinarsi, con l'obiettivo di distorcere, fuorviare, ingannare, turlupinare le classi popolari, spesso promuovendo e sostenendo organizzazioni che fittiziamente si presentavano come loro paladine. E dunque, se il "nemico" non rinuncia ad organizzarsi, e al giorno d'oggi ne abbiamo prove inconfutabili, perché mai le classi dominate dovrebbero rinunciare a ciò e adottare lo slogan "uno-vale-uno"? Come possiamo farci sedurre da uno slogan così bambinesco? 

Noi abbiamo un dovere, che è quello di essere concreti e realisti, e non dei bimbi-minchia sognatori. Noi dobbiamo sapere che l'uguaglianza perfetta tra tutti gli uomini e le donne è impossibile, per la semplice ragione che il conflitto è una realtà immanente. Cioè che siamo stati scacciati dal paradiso terrestre, e lo fummo per effetto e conseguenza della nostra comune natura. Il racconto biblico, per altro simile ai miti di altre civilizzazioni, racchiude un potente simbolismo. Esso ci dice che l'uomo (non solo la donna, della quale è comunque figlio - perdonate la battuta) non si accontenta, vuole di più. Sempre e comunque, anche quando ha a disposizione tutte le gioie del paradiso terrestre. Se ognuno di noi "vuole di più", allora il conflitto è la condizione dell'uomo. I preti queste cose le sanno, ma tanti cosiddetti rivoluzionari no, e preferiscono sognare. Ecco, allora, il mito del buon selvaggio, che nasce buono ma viene corrotto dalla società. E se fosse l'esatto contrario, cioè che la società è sempre, continuamente corrotta dai nuovi nati? Io sono in totale disaccordo con Rousseau: per me il bambino, quando nasce, è un perfetto criminale, e solo alcuni di essi, con grande fatica e attraverso dure prove, riescono a diventare solo dei delinquenti comuni, cioè uomini cosiddetti "saggi". 

Se accettiamo il presupposto che il conflitto è immanente, dunque che non esistono i "buoni poveri" e i "cattivi ricchi", la prospettiva cambia radicalmente. Tanto per cominciare, se il conflitto è immanente, è ineliminabile e non avrà mai fine. In secondo luogo ognuno di noi, che è un attore di tale conflitto, si troverà a combatterlo da una parte o dall'altra a seconda delle condizioni della sua esistenza materiale... ma anche spirituale. Già, perché c'è l'eccezione di quella sparuta minoranza di bambini che, nati criminali, attraverso immani sforzi sono riusciti a diventare adulti, cioè "solo" delinquenti comuni: i saggi, coloro che agiscono in base a un'ideale, non esclusivamente per il proprio tornaconto personale. Insomma, la "coscienza infelice della borghesia". 

In tutti i tempi sono state le élites le protagoniste dell'azione politica. Anche in natura ciò avviene più spesso di quanto possiate immaginare. Vi farò un esempio parlandovi di centrali nucleari a fissione. Nella fissione dell'Uranio 235, quando cioè un nucleo di U235 viene colpito da un neutrone e si spezza, vengono prodotti, in media per ogni fissione, circa 2,5 nuovi neutroni. Questi, tuttavia, non vengono rilasciati tutti nello stesso istante. Vi è una piccola frazione di neutroni, detti "ritardati" (in opposizione a quelli emessi quasi immediatamente, il 99%, dopo circa un decimilionesimo di miliardesimo di secondo) che sono rilasciati con un ritardo temporale maggiore, nell'ordine dei secondi. Un'esigua minoranza, come vedete! Ebbene, è proprio grazie all'esistenza di questi "neutroni ritardati" che l'uomo riesce a controllare la reazione da fissione nucleare! E' questa "élite neutronica" che fa sì che il "sistema" sia controllabile.

Vi è piaciuto l'esempio? Potrei farne altri ma soprassediamo. Conta che abbiate capito quello che voglio dire.

Ora, così come la fissione nucleare per usi civili è possibile solo attraverso un complesso sistema che permette all'élite neutronica di mantenere sotto controllo la gran massa dei neutroni "impazienti", allo stesso modo, in politica, l'azione delle élites, di tutte le classi sociali, è fondamentale. Affinché queste possano confrontarsi ed esprimere la loro azione di controllo, è necessario innanzi tutto un quadro istituzionale, cioè un sistema di regole entro il quale gli interessi contrapposti abbiano modo di confrontarsi politicamente. In tale quadro gli attori principali del gioco sono le organizzazioni politiche, create e animate dalle élites, delle classi sociali in lotta. Certo, il ruolo dei "neutroni impazienti" è determinante, in quanto la posta in gioco è la conquista del consenso, ma la vera partita si gioca nel confronto tra le élites, organizzate in formazioni politiche. 

Il M5S è una di queste organizzazioni politiche, esso è uno degli attori principali. Alla luce di quanto detto, a mio avviso, non c'è nulla di scandaloso nel fatto che esso sia guidato in modo estremamente centralizzato. Il problema non è la domanda se esso sia un movimento democratico oppure "leninista", poiché un vero partito o è "leninista" oppure non è un partito, al più un movimento di opinione. Né è un problema il fatto che esso si sforzi di dare di sé, per ragioni di propaganda, un'idea che è, evidentemente, falsa, ovvero di avere un'organizzazione interna democratica. Il vero problema è costituito da ciò che veramente intende fare il M5S, quali siano i suoi effettivi ultimi fini. Non dobbiamo mai dimenticare che in democrazia sono le Istituzioni che devono essere democratiche, non i partiti!

Nella lotta di classe, cioè nell'accidentato percorso che (forse) ci condurrà ad una società di liberi e uguali, quali sono gli interessi sociali ed economici che il M5S realmente rappresenta? Questo, per tornare all'amico Sam, è il problema che io ho con la "democrazia" del M5S, dal momento che, sebbene sia stato un attivista della prima ora, a distanza di anni non ho ancora capito cosa realmente vogliano Grillo e Casaleggio. Un mondo meno inquinato? Un mondo dove trionfi la giustizia? Un mondo nel quale governano gli "onesti"? E chi mai potrebbe sostenere di non volere tutte queste cose, e altro ancora? Ma queste posizioni, da sole, non bastano! 
Ci piacerebbe sapere, ad esempio, quale sia la posizione del M5S sul tema dell'indipendenza della Banca Centrale; quale sia, per il M5S, un target di inflazione desiderabile, se il 2% come scritto nei trattati europei oppure un valore più alto, e in che misura; sarebbe auspicabile conoscere, per certa, la posizione del M5S sia sull'euro che, più in generale, sull'adesione ai trattati internazionali che ci vincolano all'Unione Europea. E altro ancora.

Ma c'è di più. Perché se è vero che un partito è leninista oppure non è un partito, è altresì importante avere piena contezza della composizione e delle origini dell'élite che lo ha costituito. In particolare, quando un partito è espressione delle istanze di una classe sociale, la biografia di coloro che lo hanno fatto nascere e crescere è un'informazione di immenso rilievo. Ma tutto ciò ci è ignoto. Ci si aspetterebbe che il nucleo dei "fondatori", costituendosi come "classe dirigente" di quel partito, si doti di organismi attraverso i quali la leadership interna sia contendibile, sia pure in un assetto centralizzato e, per così dire, di stampo "leninista".

Orbene, nulla di ciò può dirsi del M5S, che somiglia, più che a un partito con una sua classe dirigente, a una setta new-age. Con tanto di santone ed eminenza grigia al seguito. Una struttura, cioè, assai più confacente a un partito espressione di forti e consolidati interessi economici e geopolitici, piuttosto che di quelli diffusi delle classi popolari. Possibile che a nessuno venga in mente che, se il mandato per i grillini è a tempo, ciò deve essere ancor più vero per il santone e per la sua eminenza grigia? O sull'etichetta di costoro c'è scritto "data di scadenza: mai"?
Naturalmente potrei sbagliarmi. Magari Grillo, Casaleggio e gli altri frequentatori del "tinello" (sembra che sia in quel luogo che si decide la politica del M5S) sono persone che hanno realmente a cuore gli interessi delle classi popolari, e sono costretti ad agire come agiscono perché sono assediati. Tutto è possibile, ma nel dubbio me ne sono allontanato e ho cominciato a impegnarmi nella costruzione di un vero partito del lavoro, ovviamente di stampo leninista (altrimenti che partito è?). Uno dei semi di questo partito, che nascerà quando verrà il momento, è l'Associazione Riconquistiamo la Sovranità (ARS). Ne stiamo costruendo l'ossatura, cioè la classe dirigente, gli organismi interni, le regole della militanza. Se mi sto sbagliando sul M5S farò ammenda pubblica e lo sosterrò... ma intanto è buona cosa portarsi avanti con il lavoro. D'altra parte, se deve essere un "partito del lavoro", bisogna pur lavorare!