sabato 30 maggio 2015

Monti bombastic

L'amico Andrea mi ha chiesto, qualche giorno fa, se avessi visto e cosa pensassi dell'intervista a Mario Monti di Lilli Gruber, nel corso della puntata del 26 maggio 2015 della trasmissione 8 e mezzo su La7.

Poiché nell'intervista - a mio parere di capitale importanza per comprendere moltissime cose - compaiono anche due figuranti, ossia Massimo Franco e Andrea Scanzi, l'ho scaricata e ne ho estratto solo le parole di Mario Monti, il proconsole, realizzando il seguente video.


Nota di editing video: per motivi di copyright Youtube distorce il brano "Bombastic" che separa l'una dall'altra le esternazioni del proconsole. Una versione che usa un brano diverso è disponibile qui.

Credo che, per commentare l'intervista, sia necessario un chiarimento tecnico, oltre che un suo attento ascolto; per facilitare il quale ho anche provveduto a trascrivere le parole di Mario Monti, il proconsole.

Semplici tecnicalità


Oggi la Fornero piange per la vergogna di ciò che ha fatto (molto più di quanto le avessero fatto credere si dovesse fare, quando la chiamarono. Porella!) ma è un fatto che l'azione di Monti, quando è stato direttamente al governo nel 2011-2012, ha riportato i conti del nostro paese in linea con gli interessi del grande capitale finanziario nazionale ed europeo. Questi non consistono, come ingenuamente credono i cittadini, nella crescita del PIL, bensì nel rispetto degli equilibri contabili indispensabili a garantire un tasso di disoccupazione tale da comprimere i salari quanto basta per mantenere costante il tasso di cambio reale con l'estero, in particolare con i paesi dell'eurozona. Ci si domanderà cosa io voglia dire (visto che abbiamo la stessa moneta) quando scrivo "mantenere costante il tasso di cambio reale con i paesi dell'eurozona"! Vi devo una spiegazione.

1) Preservare l'equilibrio della bilancia commerciale


Ve lo ricordate Stefano Fassina che diceva "non potendo svalutare la moneta si svaluta il lavoro"? Ebbene, il tasso di cambio reale di un paese verso l'estero - che quando è costante indica che la competitività di prezzo delle industrie esportatrici NON sta cambiandodipende da due parametri: il cambio nominale e il livello dei prezzi. Quest'ultimo, a parità di condizioni esogene (es. prezzo del petrolio e delle materie prime) dipende fortemente dai salari. Ora, poiché verso l'eurozona il cambio nominale è irreversibilmente fisso, ne segue che ogni aggiustamento non può che avvenire agendo sui prezzi, cioè sui salari. Ma come si fa a contenere i salari? Secondo i piddini sognatori sarebbe bello se le classi sociali più ricche, e dunque più forti, si mettessero la mano sul cuore dicendo "visto che siamo nell'euro, e che in fondo vi ci abbiamo portato noi, adesso ci riduciamo i guadagni così da rimettere in equilibrio i conti della nazione!". Purtroppo le cose non vanno per niente così. D'altra parte, carissimi, se hanno voluto l'euro per preservare in moneta forte i capitali, perché adesso dovrebbero mettersi le mani in tasca? Dunque, chi ha voluto l'euro non vuole pagare la sua parte, questo è pacifico.

Ci può essere un'altra strada? Si potrebbero lasciar stare i grandi capitalisti, tanto non hanno mai pagato, neppure quando l'euro non c'era?

L'altra strada consiste in una riduzione nominale e generalizzata di stipendi, pensioni, trattamenti vari, da effettuare di conserva con un'analoga riduzione dei prezzi dei beni scambiati sul mercato interno. Una manovra del genere, che vi dico subito essere assolutamente impossibile, se potesse essere posta in atto avrebbe l'effetto di impoverire tutti gli italiani in misura proporzionale (meno i capitalisti, of-course), senza tuttavia alterare le ragioni di scambio tra i diversi gruppi sociali; raggiungendo inoltre l'obiettivo di ridurre il livello dei prezzi interni. In tal modo le esportazioni potrebbero ripartire, le importazioni sarebbero depresse, la crisi superata. E i dobleuroni dei capitalisti sarebbero al sicuro!

Peccato che comprimere verso il basso i valori nominali di salari, pensioni e trattamenti vari non sia cosa semplice; farlo di conserva, e in modo proporzionale, è ancora più difficile; spingere artificiosamente verso il basso il prezzo dei beni scambiati sul mercato interno - sempre in modo proporzionale - è impresa impossibile. Evidentemente una simile operazione, che per sua natura è tipica di un'economia pianificata, è impossibile da effettuarsi senza danno in un'economia di mercato. E allora come si fa, visto che con l'eurodoblone qualcosa del genere si deve comunque fare? Si chiama Mario Monti il quale, in un clima di isteria costruita ad arte, mette in cantiere una serie di provvedimenti la cui vera ratio consisteva nel creare le condizioni di un aumento strutturale della disoccupazione, tale da bloccare la dinamica dei salari e, di conseguenza, la crescita dei prezzi.

In sostanza un rallentamento dell'inflazione perseguito utilizzando brutali meccanismi di mercato invece che strumenti di pianificazione economica come potrebbero essere, ad esempio, provvedimenti volti a calmierare i prezzi di alcuni beni o, meglio ancora, interventi tali da migliorare l'efficienza del sistema economico nazionale. Si badi bene che, in ogni caso, con l'euro tutti i paesi meno produttivi devono necessariamente ridurre l'inflazione, sia che lo facciano con strumenti di mercato o attraverso la pianificazione. L'unico paese che, in un'unione monetaria costruita con le regole dell'euro, può sottrarsi a quest'obbligo, è quello più "produttivo". Si noti però che questo paese, che è la Germania, a sua volta è diventato il più produttivo riducendo la sua inflazione interna utilizzando in parte, ironia della sorte, proprio degli strumenti di pianificazione: le famigerate riforme Hartz. Sia ben chiaro che quello che è stato "pianificato" in Germania, con le riforme Hartz del governo del socialdemocratico Gerhard Schröder, è stato un processo di impoverimento relativo del mondo del lavoro rispetto ai profitti da capitale, e non una generica "efficentazione" del sistema, come potrebbe credere la debole mente di un piddino...

Monti è stato talmente bravo che siamo quasi in deflazione! Il metodo usato è stato, lo ricorderete, quello di alzare le tasse, ridurre il welfare e tagliare pesantemente le pensioni, così da impoverire, direttamente o indirettamente, tutto il mondo del lavoro salariato e dipendente. Con meno soldi in tasca gli italiani hanno spesso di meno - in particolare importando di meno - e l'inflazione è scesa.

Ovviamente lo sbandierato effetto sui conti pubblici (che non erano affatto in affanno, come avrebbe certificato la stessa Commissione Europea pochi mesi più tardi - testo originale) fu assolutamente negativo. Infatti i cosiddetti risparmi che ne seguirono causarono una più che proporzionale caduta della domanda interna, tale da far precipitare il nostro PIL, cosicché il rapporto debito/Pil è peggiorato rapidamente. Ma per gli eurocrati questo è stato un problema secondario, perché il primo vero obiettivo era, ed è, quello che vi ho succintamente spiegato poc'anzi. Il secondo, di non minore importanza, è quello degli equilibri finanziari.

2) Prevenire gli equilibri finanziari


Il sistema di mercato non è un'economia di comando, nel senso che sì, certamente, vi sono luoghi dove il potere finanziario si concentra, ma la direzione verso cui va il mercato è affidata alle scelte di un grande numero di operatori. Nei mercati finanziari la scelta di erogare credito, e a quali condizioni, è demandata a un gran numero di istituti che valutano in base a dati oggettivi, tra i quali vi è il tasso di inflazione. E' risaputo, infatti, che conviene prestare soldi nei paesi ad alta inflazione, pur con la dovuta cautela determinata dal rischio di una svalutazione che può azzerare ogni guadagno, o addirittura portare l'investimento in perdita. Ciò significa che in un'area a moneta unica, venendo meno il rischio svalutazione, vi sarà una forte propensione delle istituzioni finanziarie private a prestare nei paesi a più alta inflazione, senza che vi sia alcuna possibilità di porvi un freno perché, come detto, il mercato non è un'economia di comando.

L'unica cosa che possono fare i regolatori del sistema economico, nell'impossibilità di imporre divieti per altro contraddittori con l'impostazione liberista dell'eurozona, è dunque quella di agire a monte, stroncando il differenziale di inflazione nei paesi dove questa cresce di più.


Mario Monti ha abbattuto il nostro differenziale di inflazione... 


Ma lo ha fatto con troppa violenza e in modo troppo smaccatamente contraddittorio con le speranze che aveva fatto nascere nei cuori di tanti piddini.
Vi ricordate come ballavano i piddinuzzi quando cadde Berlusconi? Quando gli elettori hanno severamente punito Mario Monti, che era ed è il rappresentante diretto della grande finanza europea, si è posto il problema di scegliere un uomo che proseguisse sulla strada tracciata, spregiudicato quanto basta per far fessi gli italiani, ma anche assolutamente fedele alla linea. Quest'uomo è Matteo Renzi. Il quale non può minimamente sgarrare dalle consegne ricevute, gli scandali che lo riguardano (per non dire di peggio) essendo già belli e pronti alla bisogna! Ecco perché questo video, come mi ha giustamente segnalato Andrea, è molto importante.

Se non avete voglia di perdere tempo con i figuranti, allora guardatevi quello con le sole parole di Mario Monti, il proconsole. Oppure leggete la trascrizione dell'intervista.

Trascrizione dell'intervista a Mario Monti. 


La Gruber comincia riferendo a Monti una dichiarazione di Prodi, secondo il quale una volta che il vento della disgregazione dell'euro(pa) si sia alzato "poi non lo ferma nessuno". Monti risponde ricordando la "sindrome dell'idraulico polacco" in Francia nel 2005, e l'ostilità verso gli immigrati in Olanda, quando ancora "non c'era né la crisi né l'austerità", ascrivendo a ciò una parte della responsabilità per l'insuccesso dei referendum sulla costituzione europea. Per Monti, questi episodi sono le prime manifestazioni di quell'ostilità verso ciò che è diverso che sarebbe alla base di quelle che definisce le "inarrestabili e inarrestate tendenze nazionalistiche e populistiche". A suo dire, un segnale del disinteresse della politica europea nei riguardi delle tendenze populistiche e nazionalistiche sarebbe dato dal disinteresse con cui la sua proposta di dedicare una seduta del Consiglio Europeo a questo tema fu accolta dalla Merkel. Questa era tutta presa, ahimè, dal problema della Grecia, cioè come distribuire  il costo dei crediti in sofferenza, concessi dalle banche tedesche a quelle greche, tra gli Stati europei.

Mario Monti 1'08'': «Questo vento di disgregazione ha cominciato a levarsi un po' più di dieci anni fa, per la verità. Vi ricordate nel 2005, quando non c'era né la crisi né l'austerità, la sindrome dell'idraulico polacco, in Francia, e l'ostilità per gli immigrati in Olanda, cose che hanno fatto votare contro nel referendum sulla Costituzione Europea, erano già sintomi di una insofferenza nel profondo delle nostre società per il diverso. Da allora è stata una crescita inarrestabile, o comunque inarrestata di queste tendenze nazionalistiche e populistiche, e quello che è più grave secondo me è che è mancata una leadership politica in Europa che dedicasse attenzione a questi fenomeni. Cito un episodio, e poi termino. Io ho fatto parte per 18 mesi, quando ero presidente del consiglio, del consiglio europeo, quindi del consesso dei capi di Stato e di governo, ebbene... io tra l'altro ero l'unico non politico di professione tra loro, nel 2012 io ho proposto che almeno una volta i capi politici dell'Europa parlassero di politica europea, e in particolare analizzassero quel populismo che era già chiaramente in marcia. Perché ogni volta ci si occupava di finanza greca, di altre cose del genere, che i ministri dell'economia e delle finanze avrebbero potuto trattare anche meglio, e non c'era la minima riflessione politica sull'Europa. Il presidente del consiglio Van Rompuy era d'accordo, la signora Merkel disse "è un'ottima idea, ma prima bisogna che risolviamo definitivamente la crisi greca", e questa discussione non c'è mai stata.»

Per Massimo Franco, che interviene brevemente, le opinioni pubbliche del sud Europa tendono a scaricare sull'Europa colpe che sono in massima parte delle classi politiche nazionali. Un'affermazione che, se presa alla lettera, dovrebbe essere intesa come la conferma dell'esistenza di una classe politica "europea" indipendente da quelle nazionali, circostanza che dovrebbe suscitare gravi e seri interrogativi sulla sua legittimità. Ma non per Massimo Franco, il quale appare tutto soddisfatto della sua acuta osservazione.

Segue breve stacco con domanda facile per Scanzi e annessa risposta sociologica, poi pubblicità e si riparte con il proconsole (il vero capo del governo).

La Gruber chiede a Monti se non siano state proprio le politiche di austerità ad allontanare i cittadini dall'Europa e a dare ossigeno alle istanze populiste. Per Monti ciò è vero solo in parte (ricorda la Gran Bretagna dove Cameron ha battuto i laburisti pur con una politica di relativa austerità, e la Polonia che, senza alcuna crisi economica, ha premiato il nazionalista Duda). Per Monti i problemi sollevati dalla Gran Bretagna e dalla Grecia sono gestibili, mentre il vero problema è il "ribollire in forme diverse... praticamente in tutti i paesi di un populismo nazionalistico".

Mario Monti 7'10'': «In parte, ma secondo me solo in parte. In Gran Bretagna Cameron presenta una politica più austera dei laburisti, e li ha sconfitti. In Polonia c'è stata la sconfitta del partito... diciamo liberale... che prima era guidato da Donald Tusk, a vantaggio nell'elezione presidenziale del nazionalismo di destra, e questo nel paese che ha avuto la migliore performance economica senza nemmeno un briciolo di austerità negli ultimi sette otto anni. Certamente là dove occorre una politica restrittiva in una certa fase perché per esempio c'è una crisi di fiducia... stamattina il Governatore Visco ha detto delle parole chiarissime sul 2011... allora se, in un paese che deve applicare misure restrittive perché magari ha dissipato in passato, molti nel mondo politico attribuiscono alla Germania la causa principale di questa austerità perversa, becera, e cattiva, allora evidentemente questo diventa anche un fattore di disgregazione dell'Europa, ma la domanda che io mi faccio è la seguente: in Europa ci sono in questo momento rischi chiari, ben identificati di disintegrazione - la Grecia eventualmente fuori dall'euro, la Gran Bretagna eventualmente fuori dall'Unione Europea - secondo me però questi rischi sono gestibili, queste cose possono essere, secondo me, evitate. Quello che mi sembra molto più preoccupante è proprio questo ribollire in forme diverse, come è stato osservato, ma praticamente in tutti i paesi, di un populismo nazionalistico.»

E qua arriva la botta (sotto lo sguardo stupito del giovane Scanzi):

Mario Monti 9'21'': «Il quesito che io mi pongo è il seguente: non è che forse, per caso, le nostre democrazie, europee e non europee, le nostre democrazie occidentali, di tipo sempre più illusionistico basato sulle promesse, e basato sull'orizzonte breve, diventano di fatto incompatibili con l'integrazione internazionale e con l'integrazione europea?»

Scanzi sorride sarcastico. Il ragazzo capisce al volo ma non osa interrompere il proconsole. Men che mai la Gruber o Massimo Franco.

Mario Monti 9'47'': «Mi spiego in pochi secondi. Le ricette populistiche sono presentabili in dieci secondi in un dibattito elettorale... c'è una crescente disoccupazione? Chiudiamo alle importazioni e facciamo produrre di più le imprese nazionali! Le imprese delocalizzano? Impediamo loro di delocalizzarsi! Tutti problemi reali, ricette che la storia economica dimostra che sono fallimentari, ma sono molto persuasive. Chi, invece, è a favore dell'integrazione europea o, sul piano mondiale una globalizzazione governata, ha bisogno almeno di un paio di minuti, come sto facendo io... e adesso mi fermo, per dire sì, in apparenza quelle sono ricette buone ma, nella storia, i paesi che hanno fatto così hanno sempre avuto un destino meno... meno buono. Quindi io credo che ci sia... (fuori scena la Gruber: "è chiaro") ... del resto vediamo anche negli Stati Uniti, anche negli Stati Uniti questa crescente difficoltà di fare politiche di lungo periodo e questa tirannia del breve periodo... sempre più populistico.»

Seguono considerazioni sociologiche di Scanzi. La Gruber chiede a Monti se la Grecia possa rappresentare un rischio per l'Italia. Per Monti alla fine si troverà un accordo che passerà per un allungamento dei tempi di restituzione.

Mario Monti 13'19'': «Credo che alla fine si troverà un accordo sulla Grecia, con prolungamento dei tempi per l'adempimento degli obblighi tra... che la Grecia ha, e credo che un presidente del consiglio italiano debba dire... a parte che siamo alla vigilia di elezioni regionali... debba dire quello che ha detto il presidente Renzi, qualche volta lui stesso e altri capi di governo che guidano partiti non populisti per combattere il populismo tendono ad assimilarne alcune caratteristiche, e certi discorsi che fanno loro stessi sull'Europa, alle cui decisioni partecipano, tendono a presentarla in luce cattiva alimentando così ulteriormente una spirale di distacco delle opinioni pubbliche dall'Europa.»

Alla Gruber che gli chiede se l'Europa può "saltare" Monti risponde di sì.

Mario Monti 17'10'': «Questa Europa può saltare e, come indicavo prima, secondo me è proprio perché le modalità in cui la democrazia con il populismo pifferaio (come lo chiamava Massimo Franco sul Corriere questa mattina) distorce il funzionamento della democrazia. In fondo l'Italia ha rischiato di finire come la Grecia perché qualcuno ha fatto promesse elettorali di alleggerimenti fiscali. Ovviamente gradevoli, ovviamente ben comunicati, ovviamente insostenibili. Syriza ha fatto promesse in sede elettorale, accanto a quella di un grande rinnovamento rispetto a due partiti tradizionali molto corrotti e poco decenti, ha fatto promesse elettorali semplicemente incompatibili con l'appartenenza della Grecia all'Unione Europea. Queste cose vengono fuori, queste incompatibilità si manifestano. Quindi io sono molto molto preoccupato perché se le nostre democrazie - benissimo la comunicazione, ma bisogna anche essere preoccupati se i leader politici comunicano molto bene, perché diventano grandissimi followers, non leaders, e la leadership si trasforma in followership. Va bene, vincono le elezioni, ma col vantaggio di chi? Col vantaggio di chi? Ecco perché mi interrogo proprio su una evoluzione che fa sì che nei nostri paesi le grandi scelte di lungo periodo non si prendano, che le lasciamo prendere solo alla non democrazia cinese, e abbiamo un insieme di democrazie che, degenerando verso il pifferaio, verso la followership, verso la promessa elettorale di cui si sa che non è mantenibile...»

La Gruber interrompe Monti chiedendogli se egli consideri più inquietante l'ascesa del m5s o della Lega.

Mario Monti 19'44'': «Mi inquietano molto entrambe. La Lega mi inquieta doppiamente perché è nata in una parte d'Italia alla quale anch'io appartengo e che storicamente ha avuto la funzione di tenere vicina all'Europa l'intera Italia, e non di spacchettare l'Italia e farla allontanare dall'Europa. E noi dobbiamo stare molto attenti perché se si crea - Massimo Franco accennava a questo - se si crea un'Europa del sud, magari con qualche paese che esce dall'euro in prospettiva, oppure i paesi del sud che adottano un euro meno forte e un po' più debole di quello che un giorno adotteranno la Germania e i suoi satelliti del nord, ebbene stiamo attenti perché può darsi che l'Europa a quel punto deleghi all'Europa del sud la funzione di essere un primo frangi-flutti rispetto ai flussi di immigrazione e un avamposto del continente europeo non veramente integrato nell'Europa, quindi anche le questioni monetarie acquistano una valenza geopolitica straordinaria.»

Segue domanda facile ad Andrea Scanzi e Massimo Franco. Risposta sociologica di entrambi con enfasi sul problema dell'astensionismo.

Massimo Franco: «perché una democrazia senza elettori è qualche cosa che in America va bene perché c'è un sistema, qui da noi è qualcosa di eversivo, in prospettiva, quindi bisogna stare molto attenti.»
Lilli Gruber: «è d'accordo su questo, professor Monti?»

Mario Monti 24'56'': «Sì sì sono d'accordo che gli elettori servono in democrazia e d'altra parte qui c'è una spirale perché abbiamo politici che inseguono ciò che sembra che gli elettori vogliono attraverso i sondaggi, quotidiani, orari, istante per istante, e viene visto come vincitore perché conquista più voti colui che è più bravo nell'interpretare queste pulsioni degli elettori. Nella democrazia come io la vedo, ma come non è oggi, e come sta diventando oggi sempre di meno, il politico ha una visione del paese, la proietta nelle menti dei cittadini, cerca di portarli a condividere quella visione e li guida verso quella visione. Pensiamo un attimo qual è stato l'atto più grande di tutta la storia dell'integrazione europea, secondo me quella dichiarazione del 1950, la dichiarazione Schuman in cui Schuman a pochi anni dalla fine della guerra ha detto "Francia Germania Italia Benelux mettiamo insieme i nostri strumenti di guerra, il carbone e l'acciaio, in modo che le guerre non siano più possibili". Pensiamo per un attimo se quella cosa così fondamentale avesse dovuto essere sottoposta a referendum, a pochi anni dalla guerra! Avrebbe avuto credo il 95% di no! E quindi non sempre le grandi cose nascono con la vidimazione di quelle che oggi sono le metodologie della democrazia.»

Segue un servizio, tutto sommato giornalisticamente onesto, sulla Grecia e su Varoufakis, nel quale si riporta la posizione del governo greco di accettare sì uno stabile avanzo primario, ma non tale da inchiodare i greci alla povertà e alla disperazione.

La Gruber rivolge a Monti due ultime domande, chiedendogli risposte telegrafiche. La prima è se la politica economica di Renzi lo convinca:

Mario Monti 29'23'': «Sicuramente sul piano dell'ispirazione verso le riforme e, gradualmente, stiamo vedendo delle prime realizzazioni... (Gruber: "la seconda invece riguarda la sentenza della Corte Costituzionale che ha giudicato incostituzionale il blocco delle rivalutazioni delle pensioni deciso da... il blocco è stato deciso dal suo governo nel 2011 se ricordo bene, l'ha sorpresa questa sentenza della Consulta?"). Sì... (lunga pausa) ... mi ha sorpreso, credo che abbia sorpreso molti, mai una sentenza in anni recenti della Corte Costituzionale è stata oggetto di così approfonditi e anche critici dibattiti, viene la curiosità di sapere come lo Stato e l'avvocatura dello Stato abbia difeso quella decisione del governo e del Parlamento, e ci sono moltissimi argomenti che avrebbero potuto essere utilizzati proprio sul piano della... diciamo... giustizia distributiva giustamente invocata dalla Corte Costituzionale. E non è affatto vero che furono colpiti solo i pensionati, colpimmo tutti per far fronte a quella situazione! Quindi rispetto una sentenza che ho difficoltà a capire fino in fondo, e per altro metà dei membri della Corte hanno avuto difficoltà tant'è vero che non l'hanno sostenuta.»

Cosa penso dell'intervista a Mario Monti, il proconsole.


Ebbene, per prima cosa penso che Monti sia, come scrivo dall'inizio di questo post, il proconsole della governance globale che muove i fili di Renzi. Quest'ultimo è solo un figurante, messo lì perché gli italiani, dopo un breve innamoramento per l'uomo in loden, se ne sono stancati per tornare alla vecchia passione: quella per i leaders spavaldi con gli zebedei fumanti.

Mario Monti dice cose estremamente gravi, ma ancor più grave è che non ci sia una sollevazione di scudi da parte di tutti gli italiani, in particolare il mondo della sinistra, ma anche quello della cultura, contro di lui. E invece siamo in pochi, sulla blogosfera o sui social, a menarcela e a scandalizzarci per affermazioni come questa: «Il quesito che io mi pongo è il seguente: non è che forse, per caso, le nostre democrazie, europee e non europee, le nostre democrazie occidentali, di tipo sempre più illusionistico basato sulle promesse, e basato sull'orizzonte breve, diventano di fatto incompatibili con l'integrazione internazionale e con l'integrazione europea?».

Non so se il significato di queste parole vi è chiaro. Credo di sì, almeno per voi, sparuta élite che frequenta questo come pochi altri blog, non più di qualche centinaio in tutta Italia. Questo signore ci spiattella, senza vergogna, il fatto che esiste una questione sovraordinata alla democrazia: l'integrazione internazionale ed europea. Dei mercati, ovviamente.

Se la democrazia non sarà funzionale a questi obiettivi, sembra dirci il proconsole, allora non è detto che verrà conservata. Ma che democrazia è quella in cui, sulle questioni fondamentali, deve essere chiamata a decidere una pretesa élite illuminata? Orbene, si tratta di un tema sul quale è necessario riflettere molto bene. Per cominciare, consentitemi un'affermazione scandalosa: io stesso non credo nella democrazia assoluta, intesa come ideale perfetto nel quale ogni cittadino ha gli stessi identici diritti di chiunque altro. No, io non sono una mammoletta idealista, e infatti la mia idea di democrazia è un'altra.

Io chiamo democrazia l'universo politico al cui interno si trovano coloro che hanno titolo, su base paritaria, a prendere le decisioni fondamentali. Messa così, la domanda successiva, che inevitabilmente dobbiamo porci, è la seguente: i lavoratori, fanno ancora parte di codesto universo? Oppure ne sono stati estromessi?

Poiché sono giunto alla conclusione che la risposta alla domanda è che no, i lavoratori non fanno più parte di questo universo (pur avendone in passato fatto parte), allora il problema non è più quello di alzare alti lai contro la democrazia imperfettamente praticata, ma quella di riconquistarla. Cioè di organizzarsi politicamente per ricominciare la guerra per la nostra dignità.

Chiunque non capisca ciò, chiunque verrà a dirmi che i problemi sono la corruzione, gli stipendi della casta, le mafie, insomma tutti quelli che non arrivano a capire ciò, che sia per limiti culturali o compromissioni che ne accecano la facoltà di discernere ciò che è vero da ciò che è favola, sono oggettivamente dei nemici!

Signori, non ho detto "avversari", ho detto "nemici". L'avversario è colui che mi batte, ma all'interno di un contesto in cui potrei vincere io, su qualsiasi tematica. Ma se ci sono temi sui quali io sono destinato a perdere, qualunque cosa io faccia, perché lì non posso mettere bocca, allora la democrazia è finita!

Non so se il signor Monti sia consapevole di ciò che ha detto. Non so se sia pronto a morire per difendere il diritto della sua classe sociale di decidere lo "stato di eccezione". Se così non è, ebbene si preparino, perché possono tranquillamente scordarsi di poter sottomettere, senza veder scorrere fiumi di sangue, i popoli europei.

Ho detto "popoli europei", non "popolo europeo" (che non esiste). Questi bastardi se li troveranno tutti contro, i popoli europei, e prima di quanto possano immaginare. O pensate che saremo solo noi italiani a odiarli?

1 commento:

  1. Continuano ad arrivare post di autori che non si preoccupano di avere un profilo che consenta di identificarli. A quanto pare non serve nemmeno scrivere nell'intestazione "QUESTO NON E' UN BLOG PER ANONIMI".

    In ogni caso insistere non serve a niente: su questo blog gli anonimi non commenteranno più.

    Dice: ma come fai ad essere sicuro che qualcuno non costruisca un falso profilo? E infatti l'approccio è, e sarà, altamente conservativo: dovrò essere VERAMENTE CONVINTO che una persona esista, per inserirla tra i "commentatori certificati".

    Come farò senza commenti? Ah, sarà tragica! Vivrò più tranquillamente, farò post più lunghi e meditati, magari avrò il tempo di innamorarmi ancora...

    Agli anonimi: non insistete, non c'è trippa per gatti.

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