sabato 11 novembre 2017

Sul debito pubblico [pillola n°1]


Se i piddini fossero persone serie dovrebbero riconoscere che il Berlusconi del 1998 diceva, sull'euro e l'UE, cose sacrosante e corrette. Ma, non essendo io affetto da coprofilia, non insisto ad occuparmi di costoro. La SStoria (non la Ftoria) si occuperà di loro.

Ciò detto e premesso, oggi parliamo di debito pubblico. Un'espressione quanto mai assolutamente  incompresa dalla gran massa dei cittadini. Ebbene, da dove viene fuori il debito pubblico? Provate a chiederlo in un bar, e la risposta inevitabile sarà: dai soldi che lo Stato ha chiesto in prestito ai cittadini. Una risposta corretta ma incompleta e, soprattutto, non ben intesa.

Provate a immaginare l'Italia all'inizio degli anni sessanta, all'inizio del boom economico. Ovviamente la liquidità presente nel sistema era molto inferiore ad oggi, anche al netto dell'inflazione. E' ovvio! Non c'erano tutte le infrastrutture che sarebbero state realizzate, le città, i palazzi, tutto doveva essere ancora costruito. Vi ricordo che la guerra era finita da soli 15 anni. Nessuno troverà strano, io credo, che vent'anni dopo la liquidità del sistema fosse ben maggiore. Domanda: da dove era stata estratta la nuova liquidità? In Italia cresce l'albero dei soldi? Ci sono giacimenti di banconote? I nuovi soldi ce li ha messi la mafia? Vabbè, questa non dovevo dirla perché qualche piddiota potrebbe attaccarcisi e sostenere che sì, la mafia ha portato i soldi mancanti e quindi che è stato giusto e buono combatterla, perché è meglio essere onesti con le pezze al culo che ricchi con i soldi zozzi. Ma lasciamo questi imbecilli ai loro deliri, è gente che si attaccherebbe a tutto pur di non ammettere di essere coglioni. PD delendum est e basta.

I nuovi soldi, rappresentativi della nuova ricchezza prodotta in Italia nel boom economico, sono stati chiesti in prestito, in parte, dal Tesoro alla Banca d'Italia. Vale a dire stampati dalla Banca d'Italia su direttiva del ministero del Tesoro. E la restante parte? Sono stati "riciclati" dal risparmio degli italiani, cioè chiesti in prestito alle famiglie e alle imprese che avevano interesse a trasferirlo al futuro senza rischi, essendoci lo Stato a garanzia della restituzione. Ovviamente questo servizio, perché di questo si trattava, non prevedeva tassi di interesse, per i depositanti, superiori al tasso di inflazione, anzi in genere erano minori. In sostanza, chi desiderava investire i propri risparmi in modo sicuro sottoscriveva buoni del Tesoro, accettando una piccola perdita in cambio di un basso rischio, mentre chi voleva di più era comunque libero di investire in borsa, dove poteva guadagnare molto di più ma anche perdere tutto.

Il debito pubblico del primo tipo (i soldi stampati dalla Banca d'Italia su ordine del Tesoro) è detto "figurativo", il secondo, sottoscritto da famiglie e imprese, "effettivo". Va da sé che il debito pubblico figurativo non deve essere restituito, quello effettivo sì, sempre che ne venga richiesta la restituzione. Ma non è forse così che vanno le cose anche con le banche? Riflettete: quando depositate soldi in banca, chi è il creditore e chi il debitore? Non è forse vero che le banche devono restituirvi i soldi quando li volete indietro? Dunque lo Stato opera, sul mercato del credito, in modo analogo alle banche, costituendosi così come un competitore nella raccolta del risparmio. Una cosa che non rende propriamente felici i grandi gruppi privati della finanza!

Il regime testé descritto ha retto benissimo fino al 1981, quando il rapporto debito/Pil italiano era al 59%. Poi ci fu il divorzio Tesoro Banca d'Italia, ratificatori Andreatta e Ciampi, e nel giro di 11 anni questo salì al 123%. Ma, ancora una volta, giova ricordare che il debito pubblico era, in parte, figurativo, e in parte effettivo, cioè costituito da crediti di famiglie e imprese allo Stato, dunque ricchezza sottratta al sistema bancario predatore, in favore dello Stato.

Come forse ricorderete, negli anni 80 in Italia si moriva di fame, e a Milano la gente si era ridotta a bere campari! Oh yeah!

In definitiva, il debito pubblico effettivo (di quello figurativo è inutile parlare) altro non è che credito di famiglie e imprese allo Stato. Cioè ricchezza privata. E dovrebbe essere chiaro che la prima delle molte ragioni per cui è messo sotto accusa dai piddioti servi della finanza è il fatto che lo Stato è un temibile concorrente sul mercato del credito, e dunque gli si deve fare la guerra.

Per oggi può bastare. Io scrivo per chi non sa nulla di queste cose, e da buon prof so bene che troppi concetti nuovi non possono essere assimilati tutti insieme. Ne riparleremo con la pillola n°2, tra qualche giorno.


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